L’annuncio di Cristo riunisce le Chiese europee

È terminata a Sibiu (Romania) la IX Assemblea della Comunione di Chiese protestanti in Europa

 

 

Nella luce di Cristo – Chiamati alla speranza: questo motto ha accompagnato i lavori della nona assemblea della Comunione di Chiese protestanti in Europa (Cpce) che si è tenuta a Sibiu (Romania) da martedì 27 agosto a domenica 1° settembre. La Cpce riunisce 96 Chiese luterane, riformate e metodiste ed è fondata sulla Concordia di Leuenberg, che nel 1973 pose fine alle controversie dottrinali tra luterani e riformati. Durante il culto di apertura sono state accolte alla Cpce quattro nuove Chiese: Chiesa evangelica luterana della Georgia e del Caucaso del Sud, Chiesa evangelica luterana dell’Islanda, Chiesa evangelica luterana (di lingua tedesca) dell’Ucraina e Chiesa evangelica luterana (sempre di lingua tedesca) della Lettonia. Tale accoglienza dimostra chiaramente che i confini della Cpce sono decisamente più ampi rispetto a quelli dell’Unione Europea.

 

Le chiese protestanti italiane sono state rappresentate dalla pastora Kirsten Thiele, vice-decana della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi) e da chi scrive. Dall’Italia erano presenti anche la pastora Anne Zell come consulente teologica e Miriam Zell come stewardess, la più giovane partecipante all’Assemblea (18 anni compiuti pochi mesi fa).

 

La Cpce è prima di tutto una comunione nell’annuncio della Parola e nella condivisione del pane e del vino. Infatti il culto di apertura, quello di chiusura e i brevi culti durante ogni giornata lavorativa sono stati tutt’altro che una semplice cornice. In questo senso, le giornate assembleari possono essere considerate una stimolante reinterpretazione protestante dell’antico motto benedettino ora et labora (prega e lavora).

 

Quattro documenti di studio hanno orientato i lavori assembleari: «Parlare cristianamente di Dio»; «Prassi e teologia della Cena del Signore»; «Democrazia come sfida per le chiese e per le società»; «Genere, sessualità, matrimonio e famiglia». Tutti e quattro gli argomenti sono di particolare attualità e non facili da affrontare, in particolare l’ultimo. Tuttavia, i lavori su questi documenti si sono svolti con esemplare tranquillità; l’approccio del cosiddetto “consenso differenziato” ha indubbiamente contribuito ai buoni esiti dei dibattiti. Tutti e quattro documenti sono stati accolti con gratitudine dall’Assemblea, che ha sottolineato che si tratta non della fine, bensì dell’inizio di un percorso di riflessione che adesso deve coinvolgere soprattutto le chiese locali.

 

Una consistente parte dei lavori assembleari si è svolta in piccoli gruppi (tra 15 e 20 persone). Questi gruppi si sono mossi si due piani. Il prima riguardante la verifica dei mandati conferiti al Consiglio dalla precedente Assemblea di Basilea (2018) [https://archivio.riforma.it/it/articolo/2018/09/14/liberati-connessi-impegnati] e il secondo concentrato sulle prospettive future. A Basilea era stato avviato un cambiamento organizzativo di enorme importanza, vale dire che oggi negli uffici della Comunione, a Vienna, lavorano persone assunte e retribuite direttamente dalla Comunione stessa, che ha la personalità giuridica nell’ordinamento statale austriaco. Nel passato il lavoro dell’ufficio di Vienna si basava sul volontariato e sull’impegno delle persone inviate e retribuite direttamente dalle proprie Chiese di provenienza. Il modello impostato a Basilea ha funzionato alla perfezione. Infatti, da più parti è stata messa in evidenza l’ottima organizzazione dell’Assemblea, sia sul piano dei contenuti sia sotto l’aspetto logistico. Il merito va riconosciuto a tutta l’équipe viennese coordinata dal segretario generale Mario Fischer.

 

Anche “gli atelier del futuro” hanno prodotto notevoli risultati. Il più importante di questi è il nuovo orientamento generale che mette in evidenza la priorità della prassi sulla teoria. La produzione teologica della Cpce è enorme; talvolta persino le persone particolarmente dedite agli studi ecumenici rischiano di perdersi nelle migliaia di pagine dei documenti di carattere teologico ed etico. Adesso è giunto il momento di far fruttare questo patrimonio attraverso iniziative pratiche: scambio delle esperienze, solidarietà ecumenica nella condivisione dei beni materiali, ma soprattutto di quelli spirituali, la messa in rete delle risorse liturgiche, una nuova consapevolezza della dimensione interculturale della società odierna.

 

La composizione del nuovo Consiglio rispecchia bene questo nuovo orientamento. Si tratta di un Consiglio composto in gran parte da persone che si sono distinte nell’ambito pastorale. Il nuovo ufficio di presidenza è composto da: Rita Famos, presidente della Chiesa evangelica riformata in Svizzera; Marko Tiitus, vescovo luterano dell’Estonia meridionale, e Georg Plasger, professore ordinario di teologia sistematica all’Università di Siegen. Sull’impegnativa agenda che il Consiglio dovrà affrontare nel corso dei prossimi sei anni sovrasta la comune convinzione – espressa chiaramente nella predicazione finale della pastora Famos – che l’elemento unificante delle Chiese protestanti in Europa è l’annuncio esplicito di Gesù Cristo, colui che è la luce del mondo e il fondamento della nostra speranza.