Quando limiti della teologia diventano creativi

La dimensione pubblica della pratica teologica nel libro di U. Körtner presentato a Torre Pellice per iniziativa della Diaconia

Le chiese, un po’ tutte, quanto meno in Italia e in Europa occidentale, vedono calare la propria consistenza numerica, e nel contempo vedono irrobustirsi la loro azione sociale, che spesso va a coprire carenze o debolezze dei servizi pubblici e istituzionali alle persone. È questo un fenomeno che conosciamo da tempo e su cui ci si può esercitare a trovare cause e possibili risposte.

 

L’idea di teologia pubblica ha il pregio di mostrare come possibile strategia quella di fare interagire lo studio della Bibbia e l’esegesi, il pensiero cristiano e i fondamenti della Riforma con ciò che accade intorno alle chiese, alle Facoltà di teologia, ai convegni e all’editoria teologica: insomma, in altre strutture della società. Se ne è parlato a Torre Pellice nel pieno dei lavori sinodali, in un momento organizzato dalla Diaconia valdese – Csd nell’ora di pranzo di mercoledì 28 agosto. Si presentava il volume di Ulrich H. J. Körtner Teologia pubblica e diaconia. L’agire ecclesiale nella società postcristiana (Claudiana), uscito nello scorso luglio.

 

«La lingua tedesca parla esplicitamente, con la sua precisione, di “scienza diaconale” – ha detto Fulvio Ferrario, docente di Teologia sistematica alla Facoltà valdese di Roma –: e da qui si va a scoprire che sono possibili delle interazioni, o quanto meno un proficuo dialogo, tra la teologia e le varie competenze che soggiacciono all’esercizio del lavoro sociale». I discorsi teologici e anche sociali, cioè, devono fare i conti non solo con la praticabilità degli obiettivi (innanzitutto a livello economico e gestionale) ma anche con altre culture, altri approcci. Non è più possibile pensare di collocare i discorsi ideali in una sfera separata dalla cultura aziendale, dalla managerialità: naturalmente ciò non significa accettarne tutte le strategie e modalità, ma significa avere la consapevolezza di quel che accade, per esempio in una azienda ospedaliera.

 

La dimensione stessa dell’annuncio può assumere risvolti diversi e impensati, collocandosi all’interno di processi di interazione sociale che sono presenti ogni giorno nelle nostre città. In definitiva, teologia pubblica è quella teologia «direttamente impegnata sulle questioni che impegnano la società». Per questo da alcuni anni è più stretto il dialogo tra la Diaconia e la Facoltà valdese di Teologia: a partire dall’anno accademico 2018/19 la «problematica teologica della diaconia» ha preso una forma più strutturata nell’ambito dell’insegnamento dell’etica, con partecipazione di esperti provenienti da altre situazioni (Germania, Norvegia…). E d’altra parte – prosegue Ferrario nell’Introduzione – la Facoltà da alcuni anni partecipa all’organizzazione dei convegni annuali della Diaconia. Il libro si compone dunque di una serie di interventi nati in occasione di convegni e di lezioni pubbliche e presenta, proprio in apertura, tre lezioni tenute da U. Körtner alla Facoltà valdese nel 2023.

 

Del pensiero del teologo tedesco ha parlato Nicola Mariani, curatore e traduttore dei testi contenuti nel volume. Il teologo tedesco, di cui Mariani è assistente e dottorando alla Facoltà di Teologia evangelica dell’Università di Vienna, è debitore in primo luogo della teologia di Rudolf Bultmann, ma ha lavorato anche a partire dall’opera di Gerhard Ebeling e di molti altri teologi protestanti del Novecento, così come si basa sui principi fondamentali della Riforma. La ricerca di Körtner fa proprio l’assunto che deriviamo da Geremia (29, 7): «Cercate il bene della città», ma svolge questo compito ammettendo in primo luogo i limiti della propria competenza; riconoscendo cioè di non potersi rinchiudere nella proposta di una indicazione biblica, senza fare i conti con una realtà mondana che deve essere invece analizzata, sviscerata, studiata nei molti aspetti del suo funzionamento.

 

La mancanza di competenza in campo medico, economico, gestionale, anziché essere un deficit deve essere stimolo a conoscere altri linguaggi e ad assumere umilmente elementi sconosciuti, al cui vaglio deve passare la proposta teologica. In definitiva, una teologia è pubblica, perché affronta i problemi di tutti, e ovviamente verrà declinata a seconda di luoghi, circostanze e culture.

 

Il libro, di sole 140 pagine ma molto denso e stimolante, sembra fatto quindi per essere studiato: da gruppi, dalle chiese, da operatori sociali, in seminari. È a modo suo anche una storia della teologia del 900, vista da un’angolatura particolarissima. E non trascurerei il dialogo tra teologia e altre competenze che sarebbe ingiusto definire “tecniche”, è in fondo un altro modo per “tenere in una mano la Bibbia e nell’altra il giornale”, come indicava Barth a suo tempo. Ciò che avviene nel mondo non è infatti solo ciò che “fa notizia”, ma ciò viviamo tutti e tutte sulla pelle nella nostra umana fragilità.

 

 

Foto di Elena Dotta