Pra daval 2024

L’attualità della scelta del 1533

 

In una domenica mattina soleggiata e calda (4 agosto), ci siamo dati appuntamento davanti al Museo valdese per il consueto culto a Pradaval, convocati dal pastore Vito Gardiol, per fare memoria dell’adesione alla Riforma protestante della Val Germansca, nel 1533, un anno dopo l’assemblea di Chanforan. E ogni volta è l’occasione per commentare quanto sia importante ricordare che quella decisione non venne calata dall’alto ma vi fu un’adesione delle famiglie in ciascuna valle che poi richiese diversi anni prima di essere messa in pratica, anche perché significò cambiamenti notevoli.

 

Intanto, come è stato ricordato nel pomeriggio in cui presso il tempio valdese di Prali è stata presentata la nuova ‘Storia dei valdesi’ (Claudiana 2024) in quattro volumi, si divenne più sedentari, si cominciarono a costruire dei templi e si uscì dalla clandestinità andando però incontro alle persecuzioni. Ma è soprattutto il dibattito teologico che venne animato in quel prato che si trova a circa mezz’ora di cammino da Ghigo: la giustificazione per fede era un capovolgimento di prospettiva notevole rispetto alla salvezza per opere che anche i valdesi medievali, nel loro pacifismo e nella loro predicazione evangelica, donne e uomini non sposati, andavano liberamente annunciando, spingendosi in tutta Europa.

 

Le montagne di queste valli alpine, che tanto sembrano invalicabili ai nostri occhi, furono anche nei secoli successivi attraversate nel tentativo di rimanere in comunicazione con i centri nevralgici europei, in cui la Riforma protestante si era diffusa, attraversando confini che gli stati nazione andavano imponendo. E poi il matrimonio che presso i valdesi medievali era un mutuo consenso, una stretta di mano, nella piena libertà del celibato. Ma sono le donne un cambiamento davvero significativo, da predicatrici itineranti e martiri, lungo i secoli successivi vengono riscoperte anche dalla storiografia per dare loro uno spazio e un ruolo significativo nella società. Soprattutto, da fine Settecento e poi nell’Ottocento le donne valdesi accolgono viaggiatori e viaggiatrici che nel frattempo arrivano numerosi dal Nord Europa per visitare questo angolo di mondo che è tutt’altro che chiuso. La ricerca potrà ancora documentare l’apporto delle relazioni femminili all’apertura del ghetto alpino, che è sempre stato poroso per pastori e maestri, nonostante le difficoltà a travalicarne i confini.

 

Fino a giungere al Novecento, che è documentabile anche attraverso fotografie – una bella mostra dell’Associazione culturale valdese Ettore Serafino è visitabile nel tempio fino alla chiusura di Pralibro -, con indagini storiografiche che possono essere messe al vaglio dell’esperienza dei diretti protagonisti. Il pastore Eugenio Bernardini, presidente della Claudiana, ha sottolineato due cose in particolare: la storia valdese è un susseguirsi di continuità e di discontinuità che arrivano fino a noi e dunque c’è ancora molto da imparare.  

 

Leggendo i volumi si farà la piacevole esperienza di riconoscere ciò che già si conosce e di scoprire la riflessione che la ricerca storica contemporanea offre al grande pubblico e agli specialisti. Una storia che passa dai piccoli luoghi, come Pradaval, che ospita ogni anno (dal 2013) un predicatore che viene da fuori. Quest’anno abbiamo avuto il piacere di ascoltare Enrico Benedetto, per anni professore di teologia pratica alla Facoltà valdese di teologia, e che ormai in emeritazione continua a offrire la sua cura pastorale e la sua ricerca teologica in diverse parti del mondo, tra la Francia e l’America latina. La sua predicazione su Luca 9, 28-36 (La trasfigurazione) è rimasta impressa ai numerosi presenti, provenienti anche dalla Francia, ben oltre il breve spazio di un mattino.

 

 

 

Foto di Stefano Richard – Opera propria, CC BY-SA 4.0,