Francia: vittoria a sorpresa della sinistra
L’appello alla mobilitazione per evitare la vittoria del Partito di estrema destra ha avuto successo. Ora vari scenari sono possibili nel tentativo di governare un Paese diviso
Nella scorsa settimana, due importanti consultazioni elettorali si sono concluse con la vittoria dei partiti di (centro)sinistra. In Gran Bretagna, hanno prevalso i laburisti di Keir Starmer; in Francia il Nouveau Front Populaire, coalizione dei 4 partiti di sinistra. Due vittorie molto diverse: pronosticata da mesi, quella di Starmer; esclusa alla vigilia, quella delle sinistre francesi, perché i sondaggi le proiezioni di voto davano quasi per scontata l’affermazione del Rassemblement national di Marine Le Pen e Jordan Bardella.
Due risultati determinati da due sistemi elettorali diversi, sia pur uninominali (cioè un solo eletto per ogni collegio elettorale). In Inghilterra, si vota a un solo turno, e con il 34% dei voti è stata ottenuta una maggioranza assoluta di seggi (410). In Francia, l’uninominale è a due turni. Al primo turno, erano stati eletti circa 80 parlamentari, che avevano superato la soglia del 50% dei voti. Al secondo turno, si ripartiva da zero in circa 500 collegi. Cosa che è stata capita poco dai commentatori italiani e dallo stesso Bardella, che si era incautamente proclamato Primo ministro al termine del 1° turno.
L’uninominale a due turni è il sistema con cui si eleggono i sindaci in Italia. Lascia cioè all’elettore la possibilità di pensarci due volte: il ballottaggio non dà necessariamente risultati simili a quelli del primo turno. Nell’arco di una settimana è successo di tutto. In primo luogo, la nascita di accordi di desistenza tra la sinistra e i macronisti, che hanno ritirato i candidati giunti in terza posizione per «sbarrare la strada» all’estrema destra. Poi una fortissima partecipazione al voto che non si osservava da decenni (quasi il 70%). Alla fine, i 577 seggi dell’Assemblea nazionale sono suddivisi nel modo seguente : 182 seggi per il Nouveau Front populaire (a cui si potrebbero aggiungere una ventina di indipendenti di sinistra e di deputati “regionali”), 168 per i macronisti, 143 per l’estrema destra, una sessantina di deputati della destra, che ha scelto di non partecipare al Fronte repubblicano anti-Le Pen, e che esce dilaniata dallo scontro elettorale.
Come l’Italia del 2013, la Francia del 2024 si ritrova spaccata in tre, anzi in tre e mezzo. Solo nei prossimi giorni, si capirà come uscire da una situazione del tutto inedita nella storia della 5a Repubblica. Nel sistema francese, il voto di fiducia non è esplicitamente previsto e si può governare senza maggioranza (cosa che Macron ha fatto dal 2022, con due governi di minoranza).
Il primo incarico di governo dovrebbe andare a un esponente di sinistra, che tuttavia si è presentata senza un leader di coalizione. Sia la France insoumise di Jean-Luc Mélenchon, sia i socialisti di Olivier Faure, e forse anche i verdi di Marine Tondelier potrebbero rivendicare l’incarico. Mancherà, soprattutto, una maggioranza parlamentare per far adottare le misure di un ambizioso (ma costoso) programma di riforme sociali (annullamento della legge sulle pensioni, salario minimo a 1600 euro, ecc.). Il gioco è quindi del tutto aperto ed è facile prevedere alcuni mesi di instabilità, seguiti da un periodo di ricomposizione politica.
Ma per la maggioranza dei francesi, la preoccupazione essenziale è stata un’altra: impedire la vittoria del Rassemblement national e del suo programma disciminatorio, in particolare per i cittadini di doppia nazionalità, che sarebbero stati privati di alcune prerogative. In un Paese in cui almeno un terzo dei francesi ha un nonno o una nonna di origine immigrata, tale proposta è suonata come un campanello d’allarme, suscitando una fortissima mobilitazione. Il peggio, almeno per il momento, sembra essere passato. E Parigi si appresta ad accogliere le Olimpiadi senza un governo di estrema destra.