La voce dello shofar contro una religiosità formale
Un giorno una parola – commento a Isaia 58, 1
Alza la tua voce come una tromba; dichiara al mio popolo le sue trasgressioni
Isaia 58, 1
Gesù cominciò a predicare e a dire: «Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino»
Matteo 4, 17
La «tromba» di cui parla il testo è, nel testo ebraico, lo shofar: il corno rituale utilizzato in vari contesti liturgici, specialmente penitenziali, come lo Yom Kippur, il giorno dell’espiazione (caratterizzato da un digiuno totale). E forse il riferimento allo shofar non è casuale: le «trasgressioni» a cui allude il versetto, infatti, sono quelle descritte nei versetti successivi, che riguardano proprio il contrasto tra la religiosità formale esibita dal popolo, in particolare attraverso la pratica del digiuno, e il suo comportamento ingiusto. Essi infatti «mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere a conoscere le mie vie, […] prendono piacere ad accostarsi a Dio” (v. 2), ma si lamentano con Dio perché «quando abbiamo digiunato, non ci hai visti» (v. 3a). L’indifferenza di Dio nei confronti di tale religiosità viene subito spiegata: «Nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con un pugno malvagio» (v. 3b-4a). Ma il digiuno che Dio gradisce è un altro: «che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni giogo, […] che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne» (v. 6-7). Solo allora, «se tu supplisci ai bisogni dell’affamato e sazi l’afflitto, la tua luce spunterà nelle tenebre e la tua notte oscura sarà come il mezzogiorno» (v. 10). Ecco, dunque, il vero digiuno gradito a Dio, per il quale non dobbiamo smettere di alzare la nostra voce come shofar. Amen.