Siccità, poche precipitazioni e tanto timore

Nonostante gli ultimi rovesci, continuano a preoccupare le montagne senza neve, soprattutto in ottica futura nell’ambito dell’agricoltura

 

La mancanza di neve fa tremare l’agricoltura torinese. Le inutili spruzzate di fine anno non hanno modificato la situazione di grave deficit nivologico che conferma la tendenza al forte calo di innevamento.

Nelle Alpi torinesi la gran parte dei bacini imbriferi è scoperta fino a quote intorno ai 2000 metri. Dai 2000 ai 2500 m abbiamo una copertura soprattutto nei versanti sotto vento e a nord ma di appena 15-20 cm. Quando a queste quote in queste settimane dovrebbero esserci 50-60 cm di neve assestata distribuita in modo uniforme.

 

«Secondo le segnalazioni che ci arrivano dagli agricoltori in montagna – spiega il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – siamo a meno 100% in bassa valle di Susa, val Pellice, val Chisone e meno 80% nelle valli di Lanzo e valli Orco e Soana e meno 70% in alta valle di Susa. Se non arriveranno nevicate abbondanti entro gennaio, al massimo metà febbraio, rischiamo il deficit idrico dell’annata 2022 protrattosi fino alla primavera 2023. Ricordiamo, infatti, che dal disastro della siccità del 2022, che ha visto sommarsi mancanza di piogge in pianura e di neve in montagna, l’agricoltura si è risollevata soltanto a maggio 2023 con una lunga serie di abbondanti precipitazioni che, però, non hanno creato riserve di neve in quota».

 

La coltre nevosa nei mesi centrali dell’inverno è importante anche in pianura e in collina per garantire una riserva di acqua a lento rilascio in grado di inumidire il terreno in vista della ripresa vegetazionale di inizio marzo. Ma è l’accumulo di spesse masse nevose in alta montagna che garantisce le riserve idriche strategiche estive. Senza un’abbondante coltre nevosa a 2000-2500 metri non ci sarà sufficiente acqua nei corsi d’acqua alpini e dunque nei canali irrigui di pianura da cui dipende la maggior parte della produzione di mais, di foraggio e di frutta. Senza apporto di scioglimento nevoso è a rischio anche la ricarica delle falde utilizzate dai pozzi irrigui.

 

«Continuano a trascorrere inverni senza neve ed estati caldissime – è la constatazione del presidente di Coldiretti Torino – eppure si continuano a rimandare le opere idriche per mettere in sicurezza l’agricoltura piemontese dalla siccità. Da ben due anni chiediamo alla Regione un Piano per i piccoli invasi diffusi sul territorio in grado di trattenere l’acqua in eccesso durante le piene primaverili e durante le tempeste estive. Soprattutto chiediamo che i rinnovi delle concessioni idroelettriche regionali prevedano una destinazione ad uso plurimo delle acque dei bacini montani destinando quota di acqua al soccorso irriguo in caso di periodi siccitosi estivi. Eppure non è successo nulla. Ma dobbiamo fare presto. Stiamo parlando di progetti che richiedono anni per la realizzazione e rischiamo di arrivare fuori tempo massimo. Per questo chiediamo che la “questione acqua” diventi centrale nei programmi elettorali delle forze politiche in vista delle prossime elezioni regionali».

 

1 dicembre 2023, alpeggio di Crosenna, 1645 mt, senza neve (foto Samuele Revel)