A 55 anni dalla scomparsa di Karl Barth…

Il 10 dicembre 1968 moriva l’importante teologo protestante

Karl Barth è uno dei maggiori teologi cristiani del Ventesimo secolo. La sua opera è immensa, da L’Epistola ai Romani, che apre un’epoca d’intenso rinnovamento teologico, alla monumentale Dogmatica. Ieri 10 dicembre si sono ricordati i cinquantacinque anni dalla sua scomparsa. Era, infatti, il 10 dicembre del 1968.

In occasione del Cinquantesimo anniversario, il professor Fulvio Ferrario, docente di teologia sistematica presso la Facoltà valdese di teologia scriveva su Riforma.it: «“Totalmente altro”: l’espressione, riferita a Dio, è diventata famosa anche al di fuori della corporazione dei teologi. Bisogna ammettere che, in parte, tale popolarità è legata anche a una certa banalizzazione: in fondo, che Dio sia «diverso» (dagli essere imani, dagli animali, dal mondo), lo dicono tutti. Nella seconda versione del suo commentario all’Epistola ai Romani (1922), tuttavia, Karl Barth voleva dire qualcosa di più specifico e aggressivo: Dio e la fede cristiana non possono essere considerati il sigillo religioso dell’ordine ideologico e politico borghese. Nemmeno di quello socialista, certo: dal punto di vista di Barth, tuttavia, quest’ultimo è un pericolo secondario, date la storia e la cronaca delle chiese».

Il teologo, morto il 10 dicembre di cinquantacinque anni fa, scriveva ancora Ferrario, «ricorda spesso che il suo libro è nato dall’esigenza di dover predicare ogni domenica: la teologia universitaria non offriva, a suo parere, gli strumenti adatti per la prassi pastorale.
La Bibbia veniva sezionata con i metodi della critica storica, ma alla fine il predicatore non sapeva bene che dire e di solito se la cavava appiccicando un’«attualizzazione» inventata lì per lì. Quella di Barth è invece una lettura biblica che si richiama piuttosto direttamente a quella dei riformatori, ma anche dei padri della chiesa antica.
I filologi di professione non mancano di far notare una certa disinvoltura da parte dell’interprete, più o meno esplicitamente accusato di dilettantismo: la repubblica dei teologi, del resto, è oggi ancora ricca di esponenti che, a torto o a ragione (in ogni caso, e per evidenti motivi, fuori tempo massimo), ritengono di dover spiegare a Karl Barth gli elementi della critica biblica; e anche chi è impegnato nel ministero pastorale non può fare a meno di chiedersi se davvero il libro di Barth aiuti una predicazione incisiva ed efficace. Per quanto mi riguarda, non lo consiglierei a chi prepara una predicazione sul testo di Paolo, o almeno non come prima lettura».

Pastore a Safenwil, professore di teologia a Bonn, oppositore del nazismo, espulso dalla Germania, docente a Basilea e autore di un’imponente “Dogmatica” – quasi diecimila pagine – che rappresenta ancora oggi una miniera inesauribile di spunti e riflessioni. La biografia di Barth è caratterizzata anche da una appassionata, drammatica e a tratti felice storia d’amore. «Quarantenne, sposato e padre di cinque figli, Karl Barth incontra una giovane donna, con la quale nasce un rapporto profondo. Dopo il tentativo più o meno obbligatorio di rallegrarsi per “la bella e inattesa amicizia” – scrive il professor Ferrario – i due devono riconoscere il sentimento per quello che è. Ne nasce una vicenda drammatica a volte tragica, comunque umanamente assai ricca, sulla quale sono volati innumerevoli giudizi, per lo più alquanto superficiali, qualche volta volgari».

Una storia, ricorda Alberto Corsani su Riforma.it, narrata nel libro: !K. Barth – C. von Kirschbaum, Un amore. Lettere 1925-1935! , a cura di Beata Ravasi e Fulvio Ferrario (Torino, Claudiana, 2021, pp. 253), e dove una «possibilità impossibile»: così un amico definirà, citando lo stesso teologo, la relazione tra Charlotte von Kirschbaum e Karl Barth. Molto più di un’amicizia, non un matrimonio, nemmeno un adulterio. Piuttosto un tentativo di vivere i sentimenti, anche quando la società e la tradizione cristiana non sanno come inquadrarli. Queste lettere raccontano tale avventura».

Il teologo protestante basilese Barth, scrive Voce evangelica, «visse per molti anni sotto lo stesso tetto con due donne: sua moglie, Nelly Hoffmann, e l’amata Charlotte von Kirschbaum. Nel frattempo è certo che le donne – e in particolare Charlotte von Kirschbaum – ebbero un influsso notevole sull’opera intellettuale di Barth. Charlotte imparò, nel giro di pochi anni, l’ebraico, il greco e il latino e acquisì le nozioni di base della teologia che le permisero di sostenere Barth nel suo lavoro».

«Molto, molto dovrei, vorrei scriverti, ma sarà meglio lasciarlo non scritto. Ho passato la notte successiva al nostro incontro quasi senza chiudere occhio e il mio sguardo andava di continuo alla mia scrivania, dove tu eri stata seduta, e mi dibatto nel grande enigma che tu rappresenti per me». Karl Barth a Charlotte von Kirschbaum, 26/2/1926.

«Posso dirti soltanto una cosa, che forse non ho neppure il diritto di dire: semplicemente, dallo scorso mercoledì so di volerti bene, più di quanto io riesca a pensare. Se in precedenza non volessi saperlo o se effettivamente attraversassi questo mondo a occhi bendati, non lo so. Ma ora è così, ed è difficile».
Charlotte von Kirschbaum a Karl Barth, 27/2/1926.