«Per la Pace serve giustizia per tutti»

La Chiesa valdese del Rio de la Plata e le chiese luterane argentine e uruguaiane intervengono sulla situazione in Medio Oriente

Con un comunicato siglato da Marcelo Nicolau, moderatore della Chiesa valdese del Rio de la Plata, il ramo sudamericano della Chiesa valdese, da Leonardo Schindler, presidente della Chiesa evangelica luterana del Rio de la Plata e da Wilma Rommel, presidente della Chiesa evangelica luterana unita, le chiese protestanti storiche di Argentina e Uruguay intervengono sul conflitto in corso in Israele e Palestina.

Lo fanno innanzitutto ricordando l’importantissimo progetto avviato venti anni fa dal Consiglio ecumenico delle chiese: «Nel 2002 le Chiese cristiane di Gerusalemme si sono rivolte al Consiglio ecumenico delle Chiese nel contesto della seconda intifada, chiedendo di prestare attenzione alla delicata situazione di quel periodo. Di conseguenza, è stato istituito il Programma di accompagnamento ecumenico per la Palestina e Israele (EAPPI).

Questo programma invia centinaia di Accompagnatori Ecumenici (EA) da tutto il mondo in Palestina e Israele su base volontaria per tre mesi. Il loro compito è, tra l’altro, quello di monitorare, registrare e denunciare le situazioni quotidiane di violazione dei diritti umani nel contesto di un’occupazione militare e coloniale da parte di uno Stato che viola sistematicamente gli accordi internazionali e il diritto umanitario internazionale, mettendo in atto pratiche disumane di vessazione nei confronti della popolazione civile.

La Iglesia Evangélica Valdense del Río de la Plata,l’Iglesia Evangélica del Rio de la Plata, luterana (Ierp), e la Iglesia Evangélica Luterana Unida, a sua volta luterana (Ielu), hanno accompagnato la richiesta di volontari delle loro chiese dal 2010. All’interno di questo gruppo, i pastori e le pastore che sono stati accompagnatori ecumenici (EAPPI) hanno scritto alcune riflessioni alle quali vogliamo aderire con il nostro sostegno.

“Il dolore, lo stupore e l’inquietudine che proviamo nel vedere le immagini e i video che circolano sui network e sui media sono simili allo shock che abbiamo provato quando eravamo accompagnatori ecumenici in Cisgiordania, testimoniando in prima persona le violazioni strutturali e sistematiche della vita quotidiana che si sono verificate lì negli ultimi 75 anni.

È il nostro impegno nel programma di accompagnamento ecumenico (EAPPI) che ci spinge a parlare sulla base di eventi recenti, ma in contrasto con il contesto più ampio che, nel nostro caso, è radicato in ciò che abbiamo visto e sentito. Allo stesso modo, crediamo fermamente nella convinzione che la risoluzione di questo complesso quadro storico debba basarsi sulla giustizia e sulla pace, che è alla base del messaggio evangelico della fede cristiana.
Condanniamo tutti gli atti di guerra e pertanto invitiamo alla resistenza pacifica, alle manifestazioni basate sulla non violenza, al dialogo e alle istanze diplomatiche che sono il prodotto di un’azione politica basata sulla giustizia e non su atti di guerra giustificati da azioni che minacciano il bene comune, la dignità dei popoli e la cura dell’intero creato. Il nostro posto come Chiese non deve cercare una posizione parziale e binaria, ma deve cercare, al contrario, una posizione che si basa sull’assunto storico di porsi dalla parte delle vittime, proprio come ha fatto nostro Signore Gesù Cristo nella sua vicenda storica.

Per questo invitiamo le nostre comunità e l’intera società a unirsi in solidarietà con le persone che subiscono la violazione dei loro diritti umani e a denunciare le ingiustizie perpetrate da settori che basano le loro azioni sul danno e sulla violenza e non sull’amore per il prossimo e il rispetto per la vita.

Per tutte queste ragioni, vi invitiamo anche a guardare con occhio critico alle affermazioni distorte e relativizzate dei media, alla ricerca di un discernimento etico del contesto e della storia in cui si inscrive la situazione attuale.

Preghiamo per l’intervento di Dio nella storia, proprio come ha fatto in Gesù, usandoci come strumenti per lavorare per il suo Regno, attraverso il quale l’amore e la giustizia si uniscono e diventano realtà in mezzo a quel territorio sacro e anche nel nostro”.»