Vattimo. Se ne va il filosofo del “pensiero debole”
Morto ieri sera a Torino il grande pensatore nato nel 1936. Si è occupato anche molto di religione e secolarizzazione
Ieri sera 19 settembre 2023 a Rivoli (To= è morto il filosofo Gianni Vattimo. Era nato il 4 gennaio 1936 a Torino.
Negli ultimi anni della sua vita si è occupato molto di religione, cristianesimo, secolarizzazione, sviluppando i temi del “comunismo cristiano” e del “comunismo ermeneutico”. Studioso anche del nichilismo, inteso come indebolimento delle categorie ontologiche tramandate dalla metafisica e criticate da Nietzsche e Heidegger, si concentrò sull’idea di un indebolimento dell’essere, che non si attribuisce più caratteristiche forti, ma si riconosce più legato al tempo, alla vita e alla morte.
Vattimo, inoltre, si è per lungo tempo impegnato in ambito politico. Contraddittorio, elogiato e criticato, tuttavia fedele alla sua originaria ispirazione religioso-politica, ha coltivato una filosofia attenta ai problemi della società. Il “pensiero debole” che lo ha fatto conoscere in molti paesi è una filosofia che pensa la storia dell’emancipazione umana come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che favorisce il superamento di quelle ingiustizie sociali che da questi derivano.
«Noi viviamo in un mondo in cui la paura è diventata instrumentum regni. In Italia abbiamo una politica, come quella della Lega e della destra, che è ispirata alla paura, ad esempio la paura che qualcuno ci porti via il lavoro, il patrimonio o la “sicurezza”. Lo stesso si può dire della svolta a destra dell’Europa» diceva Vattimo in una intervista su noidonne. E ancora: «La gente si disinteressa troppo, un po’ perché delusa, poi perché c’è un peggioramento della situazione economica, sociale e culturale. Anche la stessa paura del futuro tiene lontani dalla politica, per assenza di aspettative e di prospettive si tende a tirare i remi in barca, ma questo significa andare alla deriva. Ciò che mi stupisce e che non mi sarei mai aspettato è che in Italia si stanno tollerando cose che in altre epoche la gente non avrebbe mai tollerato, sul piano dei diritti sindacali, della riduzione dei servizi sociali, per non parlare della chiusura di fabbriche e di attività produttive in tutti i settori. Fino a che punto si può resistere?».