Iran. I cristiani nel mirino delle autorità governative
A un anno dalla morte di Mahsa Amini, la Commissione degli Stati Uniti per la libertà religiosa internazionale ha delineato i rischi per coloro che protestano per i diritti delle donne
Sabato ricorreva il primo anniversario della morte di Mahsa Amini, la 22enne morta subito dopo essere stata arrestata dalla polizia iraniana della moralità per non aver indossato l’hijab in conformità con il rigido codice di abbigliamento delle donne del paese.
La Commissione degli Stati Uniti per la libertà religiosa internazionale (Uscirf) ha delineato i rischi per coloro che prendono parte alle proteste per i diritti delle donne scatenate dalla sua morte.
Il commissario dell’Uscirf Susie Gelman ha dicharato alla CBN: «I cristiani riferiscono di ricevere pressioni dal governo affinché non partecipino alle proteste. Se lo fanno e vengono arrestati, rischiano di essere aggrediti sessualmente in prigione».
La Commissione riferisce inoltre che le leggi contro i cosiddetti delitti d’onore sono state allentate in Iran, lasciando le donne e le ragazze che si convertono dall’Islam ancora più vulnerabili. L’allentamento delle leggi espone i cristiani a un rischio ancora maggiore di attacchi da parte delle loro famiglie per aver abbandonato la fede sciita.
Un rapporto dell’Uscirf pubblicato a settembre includeva il resoconto di una donna cristiana armena che ha affermato di essere stata aggredita sessualmente nella famigerata prigione di Evin, dopo essere stata detenuta durante le proteste per l’hijab dell’anno scorso.
Secondo le stime, centinaia di manifestanti sono stati uccisi dal regime e almeno sette sono stati giustiziati dopo “processi farsa”.
Release International (RI) organizzazione che sostiene i cristiani perseguitati, afferma che le minoranze religiose sono state “travolte” dalla violenza contro i manifestanti.
Circa 69 cristiani sono stati arrestati nel corso di raid effettuati in 11 diverse città nel mese di agosto, e altri 50 erano stati già arrestati il mese prima.
Gli arresti sono continuati nonostante una sentenza della Corte Suprema del novembre 2021 che stabilisce che i cristiani che frequentano le chiese domestiche non devono essere considerati una minaccia per la sicurezza nazionale o nemici dello Stato.
«Il movimento per la libertà in Iran ha acquisito slancio. E la libertà più potente di tutte, la pietra angolare di tutte le libertà, è la libertà di religione o di credo», ha affermato Paul Robinson, amministratore delegato di RI. «Release International sostiene i cristiani che fanno parte del movimento delle chiese domestiche in Iran e continua a chiedere alle autorità iraniane di consentire la piena libertà di fede a tutti i suoi cittadini. Siamo rincuorati dal fatto che la Corte Suprema abbia iniziato a riconoscere che i cristiani non possono essere considerati nemici dello Stato e non devono essere criminalizzati. Questo messaggio deve ancora raggiungere i vertici del governo iraniano e arrivare fino a coloro che continuano a perseguitare e arrestare i cristiani».