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Contro una politica violenta e crudele

Più di 600 tra leader e organizzazioni religiose degli Usa (tra cui metodisti, battisti, United Church of Christ, presbiteriani, cattolici, luterani, ebrei….) hanno inviato lo scorso 19 luglio una lettera aperta  al Congresso per invitarne i membri a rifiutare la politica migratoria che porta a un potenziamento della detenzione e dello smembramento delle famiglie di migranti irregolari. Il gruppo, come riporta il sito Internet della Presbyterian Church, «esorta il Congresso a smettere di alimentare detenzione e deportazioni immorali nei confronti dei migranti, a proteggere l’unità delle famiglie e a sostenere l’interezza della comunità».

I firmatari hanno sottolineato l’importanza di sostenere politiche di protezione per i minori non accompagnati, i richiedenti asilo e le altre categorie vulnerabili; i membri del Congresso che si dichiarano credenti, si legge, non dovrebbero limitarsi a esprimere preoccupazione per i bambini sottratti con la forza ai loro genitori. «Le famiglie in fuga dalle persecuzioni hanno il diritto di cercare la sicurezza senza dover temere delle punizioni, detenzione o separazione dei loro familiari. Il gruppo chiede al Congresso di agire per ripristinare il valore della compassione e dell’unità familiare, sostenendo quelle politiche che difendono i diritti e la dignità di ogni persona, dati da Dio, a immagine del quale ognuno è stato fatto».

Su questo ha insistito anche il rev. John L. McCullough, presidente di Church World Service, organizzazione che dal 1946 porta aiuto a rifugiati, migranti e persone bisognose, che ha coordinato l’iniziativa, il quale ha dichiarato, richiamando l’attenzione sulla dimensione morale della politica: «La separazione delle famiglie scuote le coscienze. Nella tradizione cristiana, la famiglia è l’unità fondamentale della società, attraverso la quale gli individui crescono e sperimentano l’amore di Dio. Chiediamo all’amministrazione di abolire l’incarceramento delle famiglie, e di non utilizzare la detenzione come soluzione per la separazione familiare. È spaventoso che l’amministrazione stia continuamente ritardando il ricongiungimento di queste famiglie, molte delle quali cercano protezione dalla violenza».

Anche la Chiesa evangelica luterana, per voce della sua presidente, vescova Elizabeth Eaton, ha sottolineato che la sua opposizione alla politica detentiva, già in atto durante le amministrazioni Bush e Obama, prosegue oggi con alternative tramite il Servizio luterano per l’immigrazione e i rifugiati (Lirs) per offrire «modi economicamente efficaci di garantire che i bambini e loro genitori attendano in ambienti dignitosi l’esito dei loro casi».

Ha richiamato l’insegnamento biblico dell’amore del prossimo («Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge», Romani 13, 8) anche il presidente della Christian Church (Disciples of Christ) degli Usa e Canada, il past. Terri Hord Owens, ricordando che questa chiesa si proclama «antirazzista e per la riconciliazione», il che comporta l’accoglienza di ognuno, anche a costo di opporsi a leggi che disumanizzano e discriminano le persone. Condannando la politica e la pratica di separare i bambini delle loro famiglie e perseguire tutte le persone che entrano negli Stati Uniti senza autorizzazione, ha denunciato «le azioni che trattano come criminali coloro che cercano libertà e sicurezza».

La politica di “tolleranza zero” dell’attuale amministrazione, ha fatto eco il past. John C. Dorhauer, presidente della United Church of Christ (Ucc), che si è dichiarata «oltraggiata e indignata» da una «politica disumana e immorale», è una violenza crudele e inutilmente punitiva che colpisce i più vulnerabili e impone sui bambini pesanti traumi psicologici, emotivi e fisici.

Rebecca Linder Blachly, direttrice dell’ufficio per le relazioni governative della Chiesa episcopale, ha infine richiamato la responsabilità degli States, in quanto «molti di quanti giungono ai nostri confini stanno fuggendo dalla violenza e cercano asilo negli Usa. Noi abbiamo l’obbligo, secondo le leggi internazionali, di rispondere alle domande d’asilo» in forme dignitose e rispettose.