Il giorno di Rosa Parks
Una donna decide di non cedere il posto. La storia cambia. La rubrica del Culto Evengelico
Era il 1° dicembre del 1955 quando una donna afroamericana di Montgomery, nello Stato dell’Alabama, decise di infrangere le leggi sulla segregazione razziale. Salita su un autobus, prese posto su un sedile riservato ai bianchi e, all’ingiunzione dell’autista di alzarsi, rifiutò con fermezza. Di lì a poco fu arrestata per “condotta impropria” e immediatamente si organizzò un movimento di protesta, sia per la sua liberazione sia per la fine dell’odioso sistema della segregazione, espressione del razzismo che vigeva nella società americana di quegli anni. Fu in questa circostanza che, quasi per caso, un giovane pastore battista, da poco arrivato a Montgomery, fu nominato portavoce del movimento di protesta. In realtà Martin Luther King aveva altri progetti, ma accettò prontamente questo incarico che lo avrebbe reso il leader nonviolento che tutti conosciamo.
Tuttavia, è su Rosa Parks che vogliamo soffermarci. All’epoca dei fatti aveva quarantadue anni, era sposata con un attivista anch’egli afroamericano; frequentava una chiesa metodista e, anche grazie all’incoraggiamento del marito, aveva acquisito un diploma che l’abilitava all’insegnamento, ma in realtà faceva la sarta. Diversamente da quanto spesso si legge, l’incidente del 1° dicembre del 1955 non fu casuale, e il rifiuto della Parks di cedere il posto a un bianco non fu il frutto della stanchezza e del nervosismo accumulato dopo una giornata di lavoro. Da mesi varie associazioni per i diritti dei neri di Montgomery cercavano di creare un caso clamoroso che rendesse evidente all’opinione pubblica americana la brutalità delle leggi della segregazione che legittimavano forme, anche violente, di razzismo.
Pochi mesi prima un’altra giovane donna aveva compiuto lo stesso gesto di protesta della Parks, Claudette Calvin, ma la sua situazione di ragazza madre convinse gli organizzatori della protesta che non fosse il caso giusto attorno al quale creare un clamore mediatico: la paura era che il giudizio morale su una ragazza madre prevalesse sul senso del suo gesto e sulla denuncia dell’immoralità delle leggi sulla segregazione. La più matura signora Parks, nota per la sua serietà e irreprensibilità, apparve invece la persona giusta al caso. Oltretutto – ed è un dettaglio troppo spesso dimenticato nella storia del movimento per i diritti civili – la Parks era un’attivista formata e consapevole che nell’agosto del 1955, prima che scoppiasse la protesta a Montgomery, aveva frequentato un corso di formazione alla nonviolenza presso la scuola popolare di Highlander, nel Tennessee, scuola fondata negli anni ’30 per formare i quadri del sindacato e dei movimenti popolari di lotta per la giustizia economica e razziale. «Dicono sempre che non ho ceduto il posto perché ero stanca – scriverà la Parks nella sua biografia – ma non è vero. Non ero stanca fisicamente, non più di quanto lo fossi di solito alla fine di una giornata di lavoro […]. No, l’unica cosa di cui ero stanca era subire».
Ma al centro della vicenda di Montgomery, oltre alla Parks e alla Calvin, vi fu una terza donna senza la quale è difficile immaginare il successo della protesta. Decisa la forma nonviolenta del boicottaggio della compagnia degli autobus, bisognava organizzare la protesta e garantire trasporti alternativi. E qui entra in gioco un’altra donna, Joe Ann Robinson che, oltre a organizzare la protesta locale, cercò di trasformarla in un caso nazionale. Con successo, perché poco più di un anno dopo dall’inizio del boicottaggio la Corte suprema giudicò illegittime le norme sulla segregazione degli autobus. Intanto, la piccola scintilla di Montgomery, aveva avviato un processo culturale e politico che avrebbe decretato la fine, se non del razzismo, della legislazione razzista. Rosa, Claudette, Joe Ann furono le protagoniste di una storia al cui centro non c’è un eroe ma un movimento anche perché, come ha detto un’altra donna collaboratrice di King, Ella Baker, «non fu un leader a creare un movimento ma un movimento a creare un leader».
La rubrica «Essere chiesa insieme» a cura di Paolo Naso è andata in onda domenica 7 dicembre durante il «Culto evangelico», trasmissione (e rubrica del Giornale Radio) di Rai Radio1 a cura della Federazione delle chiese evangeliche
in Italia. Per il podcast e il riascolto online ci si può collegare al sito www.raiplayradio.it