Résister. Il corpo è mio, ma chi lo gestisce?
L’appuntamento di dicembre con la rubrica di Riforma dedicata alle donne che resistono
Cinquant’anni fa, con la legge 405 del 27 luglio 1975, venivano istituiti i consultori familiari. Frutto del lavoro politico del movimento delle donne degli anni Settanta, segnarono una svolta: per la prima volta le donne avevano non solo assistenza medica gratuita ma anche un luogo dove potevano parlare tra di loro di sessualità e contraccezione e dove imparavano a conoscere il proprio corpo. I consultori, gestiti da mediche, ostetriche, psicologhe, hanno preceduto la legge sull’interruzione di gravidanza e sono stati una fondamentale palestra di consapevolezza per le donne. Nonostante si siano imposti negli anni come fondamentali presidi sanitari e sociali, sono stati però i primi a venire sacrificati dai tagli al welfare: nel 2019 se ne contano 1800, circa il 60% in meno dello standard minimo previsto per legge.
I primi a essere colpiti sono quelli autogestiti dalle donne, come “Mi cuerpo es mio” di Catania, sgomberato lo stesso giorno dei funerali di Giulia Cecchettin. Quando non vengono chiusi, sono depotenziati: privati di servizi, spazi, personale e ridotti a semplice assistenza prima del parto o per la vaccinazione dei bambini, perdono il senso originale della loro funzione, e cioè essere una rete solidale, gratuita e laica per tutte.
Come se non bastasse, la legge 56 del 23 aprile 2024, permettendo «il coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità», ha aperto la porta dei consultori ai movimenti pro vita, che si aggiungono agli obiettori di coscienza nel rendere ancora più difficoltoso, se non impossibile, esercitare in Italia il diritto a un aborto sicuro e senza traumi. Le leggi che garantiscono l’autodeterminazione delle donne esistono, ma sono continuamente disattese. Dopo cinquant’anni siamo di nuovo da capo.