Roma e Costantinopoli: 60° Anniversario della abolizione delle scomuniche
Appuntamento domani a Venezia
Nel dicembre 1965, le Chiese Cattolica e Ortodossa revocarono le reciproche scomuniche del 1054, quasi mille anni prima: un gesto che segnò una svolta nel cammino verso la piena comunione.
Il 7 dicembre del 1965 nel pieno del Concilio Vaticano II e contemporaneamente nella cattedrale del Fanar, a Istanbul – viene letta la Dichiarazione comune di papa Paolo VI e del patriarca Atenagora.
Paolo VI consegna al metropolita Melitone, rappresentante a Roma del patriarca Atenagora, la Bolla di cancellazione della scomunica. Non è il raggiungimento della piena comunione, ma un passo significativo verso l’obiettivo che apre la strada ad altri incontri importanti.
Per fare memoria dell’Abolizione delle Scomuniche fra Roma e Costantinopoli, la Conferenza Episcopale Italiana e la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia promuovono una celebrazione ecumenica commemorativa.
Domani martedì 2 dicembre ore 10.30 a Venezia, Chiese di San Zaccaria e San Giorgio dei Greci. Interverranno, tra gli altri, il metropolita Polykarpos e il cardinal Matteo Zuppi.
Programma:
Ore 10:30 Chiesa di san Zaccaria • Saluti di accoglienza • Saluto del patriarca di Venezia • Saluto dalla Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia • Introduzione – prof.ssa Elena Boscos – prof.ssa Viviana De Marco
Ore 11:00 Chiesa di san Zaccaria • Inizio Celebrazione (Cappella Marciana) • Liturgia della Parola: Gv 1, 35-42 • Intervento del metropolita Polykarpos
Ore 11:30 Percorso verso san Giorgio dei Greci Ore 11:45 Cattedrale di San Giorgio dei Greci • Intervento cardinale Matteo Maria Zuppi • Professione di fede: credo apostolico • Lettura della Dichiarazione congiunta • Scambio della pace • Benedizione
Ecco il testo integrale del 1965:
Dichiarazione comune di papa Paolo VI e del patriarca Athénagoras esprimente la reciproca decisione di togliere dalla memoria e dal mezzo della Chiesa le sentenze di scomunica dell’anno 1054.
Questa dichiarazione comune fu letta nella sessione solenne del concilio Vaticano II da Mons. Jean Willebrands. Contemporaneamente, essa era letta dal segretario del santo sinodo, nella cattedrale del Fanar.
1. Pieni di riconoscenza verso Dio per la grazia che, nella sua misericordia, ha loro dato di incontrarsi fraternamente nei luoghi sacri in cui, attraverso la morte e la risurrezione del Signore Gesù, è stato consumato il mistero della nostra salvezza e, con l’effusione dello Spirito Santo, è nata la Chiesa, il papa Paolo VI e il patriarca Athénagoras I non hanno perso di vista il progetto da loro ivi concepito, ognuno per quanto lo riguarda, di non trascurare alcun atto ispirato dalla carità e che possa facilitare lo sviluppo dei rapporti fraterni così avviati tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa di Costantinopoli. Essi sono così convinti di rispondere alla chiamata della grazia divina che oggi porta la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa, come pure tutti i Cristiani a superare le loro divergenze per essere di nuovo “uno” come il Signore Gesù ha chiesto per essi al padre suo.
2. Tra gli ostacoli che si incontrano nel cammino di sviluppo di questi rapporti fraterni di fiducia e di stima, figura il ricordo delle decisioni, atti e spiacevoli inconvenienti, che sono sfociati nel 1054 nella sentenza di scomunica portata da legati della sede romana guidati dal cardinal Humbert, contro il patriarca Michele Cerulario ed altre due personalità, legati che furono essi stessi oggetto di analoga sentenza da parte del patriarca e del sinodo costantinopolitano.
3. Non si può far a meno di riconoscere ciò che questi eventi hanno comportato in questo periodo particolarmente turbolento della storia. Ma oggi che si è operato su di essi un giudizio più sereno e più equilibrato, sta a cuore riconoscere gli eccessi di cui si sono macchiati e che hanno ulteriormente prodotto conseguenze più gravi, nello stesso modo in cui possiamo giudicarne le intenzioni e le previsioni dei loro autori le cui censure portavano sulle persone prese di mira e non sulle Chiese e non intendevano rompere la comunione ecclesiale tra le sedi di Roma e di Costantinopoli.
4. È per questo che il papa Paolo VI e il patriarca Athénagoras I nel suo sinodo, certi di esprimere il comune desiderio di giustizia ed il sentimento unanime di carità dei loro fedeli e ricordando il precetto del Signore: «Quando presenti la tua offerta all’altare, se là ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta davanti all’altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello» (Mt 5, 23-24), dichiarano di comune accordo: a) dolersi delle parole offensive, dei rimproveri senza fondamento, e dei gesti reprimevoli che, da una parte e dall’altra, hanno segnato o accompagnato i tristi eventi di quell’epoca; b) dolersi ugualmente e togliere dalla memoria e dal mezzo della Chiesa le sentenze di scomunica che ne sono conseguiti, e il cui ricordo costituisce fino ai nostri giorni di ostacolo al riavvicinamento nella carità, e votarle all’oblio; c) deplorare, infine, gli incresciosi precedenti degli ulteriori avvenimenti che, sotto l’influenza di fattori diversi, tra i quali la incomprensione e la diffidenza reciproche, hanno infine condotta alla rottura effettiva della comunione ecclesiale.
5. Il papa Paolo VI e il patriarca Athénagoras I con il suo sinodo sono consapevoli che questo atto di giustizia e di perdono reciproco, sono consapevoli che non possa bastare a metter fine alle divergenze, antiche o più recenti, che sussistono tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa e che, per mezzo dell’azione dello Spirito Santo, saranno superate grazie alla purificazione dei cuori, al pentimento per i torti storici insieme alla fattiva volontà di giungere ad una intelligenza e ad una espressione comune della fede apostolica e delle sue esigenze.
Nel compiere questo gesto, tuttavia, essi sperano che sarà gradito a Dio, pronti a perdonare mentre ci perdoniamo gli uni gli altri, ed apprezzato dal mondo cristiano tutto intero, ma soprattutto dall’insieme della Chiesa cattolica romana e della Chiesa ortodossa come l’espressione di una reciproca sincera volontà di riconciliazione e come un invito a perseguire, in uno spirito di fiducia, di stima e di carità reciproche, il dialogo che li condurrà, con l’aiuto di Dio, a vivere nuovamente, per il maggior bene delle anime e la venuta del Regno di Dio, nella piena comunione di fede, di concordia fraterna e di vita sacramentale che esisteva tra loro nel corso del primo millennio della vita della Chiesa.