Zohran Mamdani, la vittoria del pluralismo, anche religioso

Il primo sindaco musulmano di New York eletto per la radicalità del programma e la capacità di ascolto e dialogo

 

 

A metà del raduno finale di Zohran Mamdani nel Queens il 26 ottobre, un rabbino, un imam e un pastore si sono alternati per lodare il socialista democratico di 34 anni che il giorno delle elezioni il 4 novembre è diventato il primo musulmano ad essere eletto sindaco della più grande città degli Stati Uniti, New York, la metropoli che non dorme mai.

 

Il rabbino Sharon Kleinbaum, leader spirituale emerita della Congregazione Beit Simchat Torah a Manhattan, ha invitato musulmani ed ebrei a costruire un futuro condiviso in città. Il pastore Charles Galbreath dell’Alliance Tabernacle, una chiesa storicamente nera di Brooklyn, ha elogiato la difesa del candidato delle comunità immigrate contro le deportazioni di massa volute dall’amministrazione Trump. L’imam Khalid Latif, ex cappellano musulmano del dipartimento di polizia di New York e membro del Muslim Democratic Club, ha salutato la continua attenzione di Mamdani a un dialogo conciliante di fronte ai duri attacchi islamofobi subiti una volta annunciata la volontà di candidarsi. Anche con molto fuoco amico a partire dall’ex governatore Andrew Cuomo che non ha accettato la sconfitta delle primarie ed ha comunque corso come indipendente contro Mamdani, con il rischio di favorire il candidato repubblicano. Così non è stato.

 

Un’affluenza enorme: due milioni di persone, il doppio rispetto alle precedenti votazioni, si sono recate alle urne per dare un segnale forte. Certo New York non è tutta l’America si dice sempre e giustamente. Ma dalla “grande mela” molti spunti di ragionamento sono sempre arrivati fino a Washington. 

 

Il momento interreligioso descritto sopra ha riflesso gli sforzi della campagna di Mamdani nel fare incursioni nelle diverse comunità religiose di New York. Nell’ultimo anno ha partecipato alle preghiere del venerdì, alle celebrazioni di Diwali nel Queens, alle funzioni della chiesa battista ad Harlem e alle osservanze di Sukkot nella Williamsburg chassidica. Musulmano sciita nato da genitori indiani in Uganda, Mamdani ha certamente mobilitato i 350mila elettori islamici della città, anche con le prese di posizione a fianco della causa palestinese, aspetto che ha allarmato molti leader ebrei all’interno e all’esterno di New York, tra cui circa 1.150 rabbini provenienti da tutti gli Stati Uniti che hanno firmato una lettera contro Mamdani e di quella che viene definita la «normalizzazione politica del suo antisionismo».

 

Ma Mamdani ha mostrato in realtà una forza sorprendente tra il milione di residenti ebrei di New York, in particolare fra le file del Jewish Voice for Peace e fra gli “ebrei progressisti di New York per la giustizia razziale ed economica”. Le due organizzazioni hanno lanciato una campagna congiunta, “Ebrei per Zohran”, che ha visto schierarsi migliaia di volontari per bussare alle porte e fare telefonate per conto del candidato.

«Quello che stiamo cercando di chiarire come “Ebrei per Zohran” è che gli ebrei prosperano in una democrazia multirazziale in cui tutte le voci sono ascoltate, celebrate ed elevate», ha detto a Religion News Service Beth Miller, direttore politico di JVP Action.

 

Mamdani ha lavorato duramente per convincere altri dubbiosi al di fuori della comunità musulmana. Dopo non aver ottenuto un risultato esaltante tra gli elettori neri nelle primarie democratiche di giugno, il candidato ha costruito legami con i membri dell’establishment della chiesa nera della città. All’inizio di settembre, ha incontrato il pastore Kevin R. Johnson della leggendaria chiesa battista abissina di Harlem. «Ha una visione che le persone stanno soffrendo in questo momento a New York, e non solo a New York, ma in tutta la nazione», è stato l’endorsement del pastore Johnson, che ha elogiato la piattaforma di convenienza di Mamdani: «Come cristiano, posso rispettare la sua fede perché rispetta anche la mia fede», 

Figlio della regista indiana, e indù, Mira Nair, Leone d’Oro a Venezia nel 2002 con “Monsoon Wedding” e i cui film hanno catturato la vita nella diaspora indiana negli Stati Uniti, Mamdani aveva in qualche modo una via tracciata fra i circa 2% di newyorkes che si identifica come indù, la maggior parte dei quali vive nel Queens. Ha visitato almeno sei templi indù in tutto il Queens in ottobre, incluso il più antico tempio indù degli Stati Uniti. Per Diwali, la Festa delle Luci, ha distribuito dolci tradizionali indiani con sua madre.

Musulmano di origine indiana e ugandese dunque, democratico e socialista con un programma che prevede trasporti e asili nido  gratis, affitti calmierati e bloccati per quattro anni,  salario minimo a 30 dollari l’ora entro il 2030, mercati di proprietà comunale contro  il caro prezzi,  tasse più alte per i super ricchi. Insomma, una rivoluzione, almeno sulla carta. Ma intanto una vittoria del pluralismo.

 

 

Foto di Bingjiefu He