Résister. Parla come mangi
L’appuntamento di ottobre con la rubrica di Riforma dedicata alle donne che resistono
«Parla come mangi!», ci dicono quando non vogliamo usare il maschile sovraesteso nei nostri discorsi. Specificare “tutte e tutti” quando ci si riferisce a una platea mista è macchinoso, usare gli asterischi al posto delle desinenze è inguardabile, la schwa non si sa come si pronuncia. Conosciamo da tempo le obiezioni al linguaggio di genere, di cui la regina madre è: «se abbiamo sempre fatto così, perché cambiare?».
Se anche fosse sensato non ridiscutere mai gli usi del bel tempo antico, la verità è che dell’esigenza del linguaggio inclusivo si parlava già nell’Ottocento, grazie alla battagliera coppia di intellettuali inglesi John Stuart Mill e la moglie Harriet Taylor. O forse farei meglio a rovesciare i termini e a mettere prima Harriet, perché è stata proprio lei a influenzare il marito in modo così determinante da fargli proporre un emendamento al Reform Act del 1867 – un atto del Parlamento britannico che estese il diritto di voto a parte della classe operaia (maschile) – in cui chiedeva che le donne fossero ammesse al voto e che la parola man venisse sostituita con people e person. L’anno prima, Mill aveva già presentato alla Camera dei Comuni una petizione a favore del suffragio femminile. Il suo emendamento al Reform Act fu respinto, ma diede il via a una campagna politica che portò finalmente nel 1928 al diritto di voto alle donne.
Il rapporto fra John Stuart e Harriet Taylor Mill è un esempio di sodalizio amoroso e intellettuale fecondo, che ha portato alle opere femministe (The Subjection of Women, The Enfranchisement of Women) firmate da lui ma certamente ispirate se non scritte direttamente da lei, la compagna con cui l’illustre filosofo ed economista si era confrontato per gran parte della vita. Mill, infatti, non aveva problemi a dire che sulla questione dei diritti delle donne o della violenza domestica era «un amanuense» della moglie. Parlava come mangiava, insomma: attento anche a depurare la lingua dalle discriminazioni di genere.
«Prigione femminile dal 1730, la Torre di Costanza in Francia ospitò 88 donne colpevoli di non voler abbandonare la fede protestante. Marie Durand, incarcerata nella Torre per 38 anni, incise o fece incidere la parola résister, resistere».