Legami che portano frutto
Una intensa settimana di lavori per la Comunità di chiese in missione riunita a Torre Pellice
Con una giornata di visita di gruppo a Torino (il sabato) e con la partecipazione a gruppetti al culto in una dozzina di chiese del I Distretto, si è conclusa la 13a Assemblea generale della Cevaa – Comunità di chiese in missione, a cui da sempre è legata la Chiesa valdese Ne parliamo con Gabriele Bertin, pastore valdese a San Secondo di Pinerolo e Prarostino, eletto nel Consiglio dall’Assemblea stessa.
– L’Assemblea della Cevaa è un luogo d’incontro fra chiese diverse, Paesi lontani, sensibilità da mettere in dialogo, ma è anche un momento decisionale: quali sono state le principali incombenze a cui chi vi ha partecipato ha dovuto rispondere?
«Le principali decisioni che si sono dovute prendere hanno a che fare con la questione finanziaria: ci sono chiese che hanno abbassato la loro quota di partecipazione, altre che hanno prospettato che dovranno farlo, altre che la mantengono invariata… Si è reso quindi necessario riflettere su che cosa è la Cevaa, che cosa intende fare per gli anni a venire. Una nuova strategia è stata delineata dal Consiglio uscente, ed è stata affidata a quello neoeletto, che dovrà metterla in opera valutandone le priorità e comunicandole alle Chiese membro. Si sono dovute definire concretamente alcune priorità per il futuro: non si può fare tutto ciò che si è fatto fin qui, e d’altra parte, se si deve tagliare su ciò che costa di più, cioè viaggi e spostamenti, c’è il rischio di snaturare l’anima stessa della Cevaa, che è fatta costitutivamente di incontro e di dialogo. E dire “priorità” significa parlare di tempi: ci saranno delle scadenze entro cui dovranno essere svolte alcune operazioni, cercando di farle corrispondere alla “nuova visione” della Cevaa».
– A partire dalla prossima Assemblea, cambierà la loro periodicità: è soltanto una questione economica, o si può instaurare un modo diverso di lavorare? Detto altrimenti, che cosa succede tra un’Assemblea e l’altra?
«La prima ragione è certamente economica: 90 delegati, più i traduttori e quanti collaborano allo svolgimento di un’assise del genere per una settimana ogni due anni, ha un costo difficilmente sostenibile per l’attuale situazione economica; l’Assemblea si terrà in presenza ogni quattro anni, ma parallelamente si terranno incontri telematici tramite zoom: pensate più come uno spazio per tenere maggiormente aggiornata l’Assemblea del lavoro del consiglio nel tempo che separa una Assemblea in presenza dall’altra. In base alla strutturazione che ci siamo dati, l’Assemblea quadriennale a questo punto sarà sempre elettiva. Anche su questo faremo sperimentazione, anche se in realtà già da un po’ di tempo ci sono dei lavori che vengono già svolti in maniera telematica. Delle riunioni del Consiglio, solo una all’anno sarà in presenza, così come gli incontri dei vari gruppi di lavoro e le coordination, i due gruppi che valutano i progetti negli ambiti sociale-sanitario e dell’animazione e gioventù».
– Negli anni scorsi erano tanti i progetti comuni alle nostre chiese e a quelle della Cevaa, e anche quelli che si incarnano in opere di servizio al prossimo, come per esempio gli ospedali: è tutto confermato?
«Sicuramente prosegue il sostegno con fondi Otto per mille a Solidarité Santé, il programma che comprende una decina di ospedali della zona subsahariana dell’Africa: come ha illustrato la responsabile del programma, si vuol puntare molto sullo scambio di competenze attraverso il personale del settore sanitario, con seminari e altre occasioni di formazione. E questo si fa proprio grazie all’Otto per mille della Chiesa valdese. I progetti in ambito sociosanitario sono proposti dalle varie chiese membro della Cevaa e sono valutati da una commissione, coordination projet; dopodiché il progetto passa ancora a un’altra valutazione da parte del Consiglio, composto da 10 persone con un criterio di rispetto della rappresentanza delle regioni che compongono la Cevaa (cinque in totale). Come Chiesa valdese, si è sempre cercato di garantire una presenza nel Consiglio mondiale, in particolare per il rapporto anche diverso che abbiamo nei confronti della missione, rispetto alle chiese sorelle di Francia e Svizzera. E, forse, questa storia un po’ diversa, è anche occasione per portare uno sguardo diverso sulla e nella Cevaa, che permette anche di attenuare alcune dinamiche più complesse e portatrici di un’eredità storica e colonialista più complessa. Rappresentanti di altri Paesi europee lamentano il fatto che la Cevaa sia poco conosciuta nelle loro chiese: per noi qui è diverso. Questo si vede anche nell’accoglienza con cui l’Assemblea è stata ricevuta, dal culto inaugurale alla presenza dei volontari all’organizzazione per i culti della domenica 12 ottobre nelle varie chiese membro… Sicuramente il contatto con la Cevaa permette anche a noi, come piccola Chiesa minoritaria in Italia, di ricevere uno sguardo diverso su di noi. Permette di vedere il valore della nostra storia, la passione che l’amore per le relazioni e l’apertura oltre i nostri confini».
– In che modo si è manifestata la comunione fra i partecipanti?
«Intanto menzioniamo il culto inaugurale, molto semplice ma al tempo stesso animato e che ha cercato di restituire ai e alle partecipanti il nostro sguardo sulla Cevaa come Chiesa valdese; poi i momenti di preghiera al mattino; i momenti serali gestiti da ognuna delle Regioni; ma anche i momenti di pausa, che sono oltremodo necessari in un’Assemblea molto densa di momenti decisionali: se non ci fosse questo scambio fraterno, l’assemblea si trasformerebbe in un’assemblea societaria o in un Consiglio d’amministrazione. Invece bisogna farsi ispirare anche dal contatto umano. Tutti siamo arrivati sapendo che questa non sarebbe stata un’Assemblea facile, e infatti non lo è stata; ciononostante, con il clima che si è creato, abbiamo svolto il compito a cui eravamo chiamati, ma lo abbiamo fatto ricordandoci che siamo nelle mani del Signore e che se siamo là, è per dare una risposta alla sua chiamata.
Inoltre, a livello personale, ho incontrato tre persone che avevo conosciuto dieci anni fa esatti in occasione del mio primo campo internazionale Cevaa di formazione per animatori teologici che si era svolto in Benin, e al quale avevo partecipato come giovane attraverso la chiamata da parte dell’allora Comitato italiano per la Cevaa. Questo, mi ha restituito il valore per me più forte della Cevaa: legami che portano frutto (per riprendere il tema di questa Assemblea – Giovanni 15, 1-5) e che durano nel tempo e che ci danno forza, e che ci ricordano che c’è dell’altro, oltre alle nostre piccole o grandi realtà. Quando alla nostra piccola chiesa chiedono notizie di persone che sono conosciute e vengono ricordate per quello che hanno fatto nella Cevaa, ci rendiamo conto della comunione che ci unisce».