La vita di quaggiù e il salto nel trascendente

Scritti poetici, riflessioni ad alta voce e storia valdese nel libro di Cristiano Liuzzo

 

Per il libro di Cristiano Liuzzo pubblicato nella collana “Raccontare una storia” (LAR Editore / Fondazione Centro culturale valdese) vale la regola del “tre”. Infatti, Dio è una favola* raccoglie scritti di tre generi: scritti poetici, monologhi, testi di riflessione. E tre sono anche le aree ideali su cui si appuntano le meditazioni del volume – e usiamo consapevolmente questo termine per indicare che le diverse forme letterarie di cui sopra hanno in comune il carattere di ripensamento, espressione interiore, a tratti preghiera. Le tre aree, indicate anche nel sottotitolo, sono dunque la comunità cristiana in senso ampio, la storia e memoria valdese, come è presente in particolare nella Val d’Angrogna, e la donna, l’interlocuzione con la donna, specialmente la donna vittima di pressioni e violenze.

 

Ognuna di queste tematiche, dunque, viene affrontata ora con testi poetici ora con la prosa di un ragionamento interiore, messo a disposizione di chi legge. I monologhi fanno naturalmente parte dei testi in prosa, ma hanno la particolarità di essere scritti in prima persona: è qualcuno, quindi, che si racconta. Come Cristina, “strega”, che ancora nella fase del suo affacciarsi alla vita adulta, si ritrova «combusta per valdesia»: una ragazza che, con una immagine molto forte, si trova a essere lei, accusata di eresia, a sottolineare come sia invece il suo accusatore (presumibilmente un inquisitore), vera incarnazione di Satana, a nominare «nostro Signore invano cento volte». È quest’uomo il vero bestemmiatore, secondo una bella intuizione, che chiarisce il nostro rapporto con la fede: toccati da un Dio che chiama a sé, possiamo sovvertire le logiche mondane.

 

Si tratta naturalmente di riuscire a rispondere a questa chiamata, e questo è un tema che viene affrontato sin dalle prime pagine in tutta la sua difficoltà: con i nostri poveri strumenti umani, infatti, toccati dalla voce di Dio, cerchiamo di rispondergli rimanendo gravati da una considerazione di noi che può essere eccessiva («Per tutto questo/ e altro ancora,/ Dio mi piace un sacco./ E credo/ di piacergli anch’io»). È la nostra limitatezza, da cui cerchiamo di uscire, e lo possiamo fare fondandoci su una certezza: se noi siamo limitati dal nostro “fare” inadeguato, Dio invece, biblicamente, «è quello che ha detto», e, nella scia delle ultime parole del Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos, prorompe l’affermazione che ci rinsalda nella fede: «Il resto è grazia».

 

Di questa grazia abbiamo bisogno per continuare a muoverci in questo mondo difficile. Un itinerario ancor più gravoso per le donne, di cui gli scritti dell’ultima sezione affrontano la sofferenza. Non si limitano però a questa denuncia: ci sono pagine in cui, sinceramente e apertamente, l’autore scopre le carte dell’inadeguatezza maschile nel leggere e capire la violenza che le donne subiscono nella società. Un retaggio antico, di cui occorre liberarsi. Ma anche questa è una fatica.

 

Come sostenerci in questo percorso? Lo indica, ancora una volta un testo poetico, ed è significativo che sia collocato nell’ultima, più drammatica sezione, di cui sopra: «Possiamo trascendere/ con la preghiera,/ anche laica,/ purché umana, solo umana». Può sembrare un’affermazione sconcertante, ma è giusto così: proprio perché umani, cerchiamo di fare un salto; senza salto non ci sarebbe rapporto con un “altrove”, con l’alterità che è Dio. La preghiera ne è il catalizzatore.

 

 

* C. Liuzzo, Dio è una favola. Cristianità, affetti valdesi e altri amori. Perosa Argentina (TO), 2025, pp. 117, euro 15