Via XX Settembre, crocicchio di storia
I 130 anni della chiesa metodista di Roma
A Roma sorge una chiesa metodista o più correttamente un tempio tra via XX Settembre e via Firenze, un luogo ricco di memoria, di storia, di aneddoti e curiosità relativi alla sua costruzione, presenti nel nome stesso della via costruita per volere di Pio IV e terminata nel 1565 come “Strada Pia”. Strada che nel 1870 si ritenne opportuno intitolare alla data fatidica del 20 settembre, per ricordare il passaggio, la breccia, che i soldati italiani del Regno d’Italia aprirono per entrare a Roma nel 1870.
La chiesa metodista di via XX Settembre compie quest’anno i suoi primi 130 anni, e lo fa a pochi mesi da un’altra celebrazione importante: i 50 anni dalla firma del “Patto di integrazione” tra metodisti e valdesi. Una via, XX Settembre, che si pone come crocevia tra varie epoche e come segno tangibile di una “nuova” (per i tempi di allora e quelli di oggi) libertà di culto.
L’edificio nasce appoggiando le sue fondamenta su quelle che furono le fondamenta di una chiesa cattolica, poi demolita: S. Caio, abbattuta per volontà dei primi governi italiani e del Comune nell’ambito dei progetti di ricostruzione del centro di Roma. È stato ricordato sabato, in occasione delle celebrazioni per l’anniversario di questo tempio, a pochi passi dalla stazione Termini e dal Quirinale.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto rendere omaggio all’iniziativa e prendere così parte alla celebrazione ufficiale dei 130 anni visitando la mostra allestita nel salone comunitario. Nell’occasione, sollecitato dagli interventi in sala, lo sguardo attento di Mattarella si è rivolto verso le vetrate artistiche del tempio, realizzate dall’artista valdese Paolo Paschetto, autore dello stemma della Repubblica italiana. Ascoltando i numerosi interventi predisposti dalla chiesa di via XX Settembre in collaborazione con il Centro di Documentazione metodista, il Presidente ha poi deciso di prendere la parola [v. articolo a pag. 1 e seguito].
“Tra le parole” ha raggiunto telefonicamente Mirella Manocchio, già presidente dell’Opera per le chiese evangeliche metodiste in Italia e oggi pastora della chiesa metodista di Via XX Settembre, che ci ha detto: «È stata una giornata bellissima per noi, un momento davvero felice, una gioia poter accogliere per la prima volta il presidente della Repubblica Mattarella nella Chiesa metodista di Roma in via XX Settembre. Non è stato soltanto un momento di celebrazione, di ricorrenza storica per i 130 anni dell’edificio di culto, è stato un momento di confronto, di incontro proficuo per una comunità che ha origini lontane: si ha infatti notizia che già nel 1875 vi fosse di un luogo di culto della Chiesa evangelica metodista episcopale in Roma».
– Quella metodista è una tra le chiese protestanti con più fedeli al mondo, sebbene la sua presenza in Italia sia recente e numericamente ancora esigua…
«Insieme alla Chiesa valdese e altre che fanno parte della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, riteniamo di essere comunque rilevanti perché diamo conto di una pluralità all’interno della società italiana, pluralità di fedi e di pensieri nell’ambito religioso che si perde nella nostra memoria del tempo, e dunque peculiarità strutturale. Il nostro è un laboratorio unico e straordinario di pluralismo, di interculturalità, in particolare nelle chiese metodiste che accolgono sorelle e fratelli provenienti dall’Africa, dalle Filippine, dall’Asia, l’India, dal Pakistan, che insieme vivono l’esperienza della fede. Questo ha un impatto nella società italiana, e lo ha perché siamo una testimonianza viva, visibile e concreta del fatto che non sia una chimera poter condividere esperienze. La convivenza arricchisce. Credo che questi due aspetti – il nostro pluralismo religioso e la nostra interculturalità vissuta in maniera concreta – siano a esempio solo due elementi importanti per la società italiana».
– Un bel volume, Metodisti in Italia, ripercorre le tappe del metodismo italiano. Alla luce della visita di Mattarella, che cosa ha significato per la classe politica e in generale per la società italiana l’incontro con le chiese metodiste?
«Le chiese metodiste e valdesi, grazie all’Intesa con lo Stato, hanno edifici di culto riconosciuti e visibili, luoghi d’intreccio con la società oltre che di visibilità, di partecipazione nel territorio nel quale sorgono. Questa possibilità non è riconosciuta a tutte le fedi presenti sul nostro territorio italiano. Parlo di quelle tutelate con la legge sui “culti ammessi” del 1929, ancora vigente. Sarebbe importante di poter giungere a una Legge-quadro per la libertà religiosa».
– Quindi nel metodismo è endogeno lo sguardo verso le altre comunità di fede, le altre comunità religiose?
«Sì, e lo è sin dalle origini, sin dalla sua dalla nascita. È un background che deriva dal modo con cui John Wesley si poneva nei confronti della società inglese del tempo e dal suo portato famigliare, di origini non conformiste».
La storia dei metodisti in Italia nel volume citato e pubblicato dalla Claudiana editrice «è la storia di un presidio di libertà – afferma Andrea Riccardi –: dalle origini nel fermento civile e religioso del Risorgimento, ai giorni dell’Italia liberale e della ricerca di un’intesa con la classe dirigente del paese oltre il terreno dell’anticlericalismo, fino alla stipula, all’interno ormai della Chiesa evangelica valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi, dell’Intesa con la Repubblica».
«Tra le parole» a cura di Gian Mario Gillio è andata in onda domenica 21 settembre per il «Culto evangelico» trasmissione (del Giornale Radio) di Rai Radio1 a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Per riascoltare il programma è possibile collegarsi al sito: www.raiplaysound.it.
Foto: Quirinale.it