Confessione di peccato e testimonianza operosa
La rubrica «Essere chiesa insieme» a cura di Paolo Naso andata in onda durante il «Culto evangelico», trasmissione di Rai Radio1
C’è ancora una speranza per i palestinesi di Gaza? C’è ancora una speranza per gli ostaggi israeliani ancora in mano dei miliziani di Hamas?
I numeri sono diversi: quasi due milioni da una parte e una ventina dall’altra, ma il loro destino sembra essere drammaticamente collegato. È ormai dichiarata la strategia israeliana di occupare la striscia e di allargare gli insediamenti della Cisgiordania, piantando gli ultimi chiodi «sulla bara del progetto di uno stato palestinese», come ha detto un ministro del governo di Benjamin Netanyahu. Da parte di Hamas si combatterà casa per casa, utilizzando gli ostaggi come preziosi scudi umani.
E mentre di fronte a noi si compie questo scempio annunciato, iniziamo a fare il conto dei fallimenti che hanno portato a questa situazione: il fallimento delle istituzioni internazionali, che non hanno neanche provato a fermare la corsa di questo masso di pietra che rotola su uomini e donne incolpevoli; il fallimento degli Stati che non sono riusciti a imporre un negoziato che almeno proteggesse la popolazione civile e garantisse aiuti alimentari e corridoi umanitari.
Ma anche il fallimento delle Comunità religiose che, nonostante decenni di dialogo e di preghiere per la pace, oggi assistono a una devastazione in cui troppo spesso risuona sinistro il nome di Dio. Siamo di fronte a una catena di fallimenti, di mancanze e di silenzi che teologicamente ha nome preciso: peccato. Il peccato da confessare di fronte a Dio e da riconoscere di fronte al nostro prossimo: alle donne e agli uomini che hanno caricato i loro materassi e le loro vettovaglie sul dorso di un mulo per andare non si sa bene dove; o che sopravvivono in una prigione sotterranea di Hamas in attesa della liberazione.
Ma confessare i nostri fallimenti, quindi i nostri peccati, non basta. Occorre afferrarsi a quei pochi segni di speranza che pure riusciamo a vedere: le barche della Global Sumud Flottilla, con il loro carico di derrate alimentari e di umanità di persone che non sono rimaste a guardare ma hanno deciso di fare qualcosa; portuali di Genova che bloccano le navi cariche di armi dirette verso Israele; i riservisti israeliani che contestano la legittimità dell’intervento militare a Gaza e le migliaia di israeliani che nei giorni scorsi sono scesi in piazza per opporsi alle scelte e alla strategia del loro governo. E anche le chiese che cercano di aprire canali di dialogo e chiedono con urgenza corridoi sanitari e umanitari. Fare, provarci, esserci: come la piccola comunità cattolica di Gaza che ha annunciato la sua intenzione di restare; o come i giornalisti e gli operatori di Ong che sono rimaste operative, anche sotto i bombardamenti.
In questi giorni abbiamo letto innumerevoli appelli per la pace, il dialogo, la trattativa per liberare gli ostaggi e fermare l’invasione di Gaza. Parole su parole, una montagna di parole, mentre, con urgenza, servono fatti, scelte, gesti. Servirebbe soprattutto esserci, come testimoni che, mentre si combatte, hanno la forza morale e spirituale di chiedere la pace. Credenti di diverse tradizioni, cattolici e protestanti per iniziare, potrebbero dare vita a una comunità di pace che operi nei territori in cui si combatte, come profezia di un mondo nuovo, regolato dalla giustizia e dal diritto piuttosto che dalla violenza e dalla forza delle armi. Un segno, un sogno, una presenza come testimonianza di fede per essere testimoni di quello che accade.
Questo tunnel buio nel quale siamo finiti può essere illuminato solo dalle piccole luci di gesti concreti e profetici, forse irrilevanti di fronte a una catastrofe immane. Ma in assenza di queste piccole cose e di questi piccoli gesti, ci sarebbero solo il rumore delle armi e, per dirla con lo scrittore ebreo israeliano David Grossman, il fragore di quel vento giallo che soffia nel deserto portando con sé solo odio e distruzione.
La rubrica «Essere chiesa insieme» a cura di Paolo Naso è andata in onda domenica 7 settembre durante il «Culto evangelico», trasmissione (e rubrica del Giornale Radio) di Rai Radio1 a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. Per il podcast e il riascolto online ci si può collegare al sito www.raiplayradio.it