Tenersi stretti al Signore
Un giorno una parola – commento a Giosuè 23, 8
Tenetevi stretti al Signore, che è il vostro Dio, come avete fatto fino ad oggi
Giosuè 23, 8
Non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno
Ebrei 10, 25
È una lunga storia quella che lega Dio al suo popolo, e che qui è indicata come una storia di fedeltà (“come avete fatto fino ad oggi”). Facile dire che questa fedeltà non è stata continua perché gli allontanamenti e gli abbandoni del popolo di Israele sono stati reali e sono stati molti. Ma il testo di oggi scopre un rapporto, un abbraccio, che sta al fondo e sostiene comunque, come la tramatura di un tessuto resistente, tutti gli eventi che si sono susseguiti nel tempo e che hanno legato il popolo, fedele o infedele che sia stato, in questa stretta di benedizione. Siamo sempre stati stretti al Signore, noi che nella nostra storia ci riconosciamo intessuti in quella tramatura infinita. E in quell’ordito i fili sono sia i fili brillanti della fedeltà e della lode, sia quelli opachi del rifiuto e della miseria. È questo che Giosuè vuole che il popolo ricordi e riconosca.
La storia che fa da sfondo a queste parole è la storia reale degli umani. Degli eventi, delle relazioni, del coraggio e della paura, della virtù e della viltà. Questa storia non può essere una linea chiara e precisa che disegna il futuro. Di questa storia reale non vediamo il senso. Nelle sue contraddizioni noi viviamo, nelle confusioni tra bene e male, nell’ambiente ibrido e indispensabile che dobbiamo attraversare. Senza illusioni di purezza o di salvezza dell’anima.
Siamo stretti al Signore, noi creature finite a volte deboli a volte forti, non quando ci ergiamo vittoriosi e santi nel bene, ma quando rispondiamo al suo abbraccio, e quando la fiducia in lui è più importante della nostra santità. Amen.