Sud America, al via la Scuola dei ministeri comunitari
Un’Iniziativa per rafforzare il ruolo di ogni membro della comunità all’interno delle chiese
Con una forte impronta ecumenica e di educazione, la Scuola dei Ministeri Comunitari della Chiesa valdese del Rio de la Plata, il ramo sudamericano della Chiesa valdese, ha iniziato le sue lezioni lunedì 11 agosto. Lo racconta il sito dell’Iglesia valdense. Più di 50 persone partecipano a un processo che cerca di rafforzare il protagonismo di ogni persona all’interno delle chiese, rivedere le pratiche comunitarie e rispondere alle sfide della realtà alla luce del Vangelo. Si tratta di un’iniziativa voluta dalla Fondazione Rete Ecumenica di Educazione Teologica (Reet). Le autorità della Chiesa Evangelica Valdese di Rio de la Plata, della Chiesa Evangelica luterana del Rio de la Plata e della Chiesa Evangelica dei Discepoli di Cristo, che fanno parte della Reet, hanno firmato il 20 ottobre scorso una “Dichiarazione di Interesse e Impegno” in merito al progetto che mira a rafforzare l’educazione teologica e la formazione ministeriale per tutte e tutti gli interessati. La scuola rappresenta un’opportunità preziosa per approfondire i doni delle comunità ecclesiali, con un’attenzione particolare al servizio e alla formazione permanente, alla luce anche del calo del numero dei pastori di ruolo.
La partecipazione è stata attiva, con molto desiderio di condividere, riflettere e contribuire portando le esperienze di ogni comunità. Questo entusiasmo si nutre di un processo che era già iniziato con un precedente incontro faccia a faccia, progettato per motivare e rafforzare i legami.
La pastora Claudia Tron e il diacono Martín Elsesser hanno raccontato sul sito dell’Iglesia valdense: «Vogliamo che le nostre pratiche siano trasformative e liberatrici, e questo implica riconoscere le tensioni tra ciò che vorremmo fare e ciò che la tradizione a volte ci richiede, recuperando l’identità protestante di riforma permanente»
«Essere parte di un processo collettivo richiede tempo, fino a quando le persone non si appropriano della dinamica. Quando c’è il desiderio di imparare c’è una solida base per proporre metodologie che interpellano e promuovano la partecipazione attiva dei laici, che esprime anche la necessità di essere coinvolti nella storia che si vuole costruire» hanno affermato ancora i due intervistati.
Per loro, le chiese che promuovono questa proposta «assumono una decisione politica chiara: accompagnare da vicino gli studenti, dialogare in modo permanente, rilevare le difficoltà e sostenerli in modo che non abbandonino. Nel contesto attuale, segnato da fondamentalismi che usano la Bibbia per giustificare idee disumanizzanti, la nostra identità protestante ci chiama a leggere il Vangelo da una prospettiva contestualizzata, situata e decolonizzata, generando processi in cui ogni partecipante si sente parte di ciò che costruisce».
La Scuola risponde a un bisogno sentito dalle chiese che la promuovono: rafforzare il protagonismo dei “laici” e prendersi cura dei processi di formazione. Non si cerca di applicare formule da ripetere, ma un processo che si nutre continuamente della realtà e dell’ascolto reciproco. In questo senso, la Scuola dialoga costantemente con la grande sfida di formare persone con sguardo critico, capacità di ascolto e sensibilità pastorale, in grado di identificare le interpellanze della realtà e rispondere in modo comunitario. «È una proposta controculturale, perché questo è un momento di frammentazione. Scommettiamo sulla costruzione di comunità di cura, ancorate al Vangelo e aperte alla riforma permanente» ha chiuso la pastora Tron.