La Parola incarnata
Un giorno una parola – commento a Giovanni 1, 3
Il Signore degli eserciti, Dio d’Israele, che siedi sopra i cherubini! Tu solo sei il Dio di tutti i regni della terra; tu hai fatto il cielo e la terra
Isaia 37, 16
Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta
Giovanni 1, 3
Il «lei» a cui si riferisce il nostro versetto è la Parola, nel testo greco il «Logos», sostantivo maschile che molte traduzioni, influenzate dalla Vulgata (la versione latina di san Girolamo) rendono con «il Verbo». Siamo nel prologo del Vangelo di Giovanni, e questo Logos/Verbo/Parola non è altri che la Parola incarnata, cioè Gesù Cristo, Figlio di Dio: «La Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi» (v. 14).
Si potrebbe dire che il ruolo del prologo di Giovanni è simile a quello delle genealogie poste all’inizio dei Vangeli di Matteo e Luca, in particolare quella di Luca (3, 23-38) che fa risalire l’ascendenza di Gesù fino a Dio stesso (mentre Matteo 1, 1-17 parte da Abramo). Con le prime parole del prologo («Nel principio era la Parola», cap. 1, 1), che richiamano evidentemente Genesi 1, 1 («Nel principio Dio creò i cieli e la terra»), «la persona di Gesù Cristo è posta da subito in relazione con il Dio della Bibbia ebraica, con il Creatore, con il fondamento della vita. In tal modo, quando l’autore evoca Gesù rimanda immediatamente alla realtà di Dio» (Jean Zumstein, Il Vangelo secondo Giovanni, Claudiana, Torino 2017, volume 1, p. 75).
L’interesse dell’evangelista è quello di affermare da subito la divinità di Cristo attraverso il richiamo all’incarnazione della Parola. Noi oggi riflettiamo sul v. 3, ed è importante sottolineare ciò che esso afferma, e cioè che ogni cosa è stata fatta per mezzo della Parola. «Nel prologo – prosegue Zumstein – il volto di Dio per il mondo è compreso nella nozione di Logos. Se è possibile percepire qualcosa di Dio, si tratta della sua dimensione di Parola. Fin dal “principio” Dio è percepito come Logos, vale a dire come discorso, interpellazione, dono di senso (e non come forza, potenza, mistero ecc.)» (op. cit., p. 77).
Il Dio della Bibbia – dell’Antico come del Nuovo Testamento – è un Dio di relazione, non un Dio che si compiace del suo splendido isolamento, ma un Dio che comunica con le sue creature, che trasmette la vita attraverso la sua Parola («in lei era la vita», v. 4). Amen.