Educare, in senso ampio: un atto politico e spirituale
Appuntamento con Frontiere diaconali, il convegno pre-sinodale della Diaconia valdese tenutosi venerdì 22 agosto a Torre Pellice
Una delle “frontiere” su cui la Diaconia valdese – Csd e, prima che questa nascesse, la Chiesa valdese, è da sempre impegnata, è proprio quella dell’”educazione” in senso ampio, specie verso le categorie svantaggiate.
Oggi i Servizi educativi (Se) sono una delle quattro aree della Dv (con Salute, Inclusione e Ricettività) e quindi non stupisce il tema «L’impegno educativo nelle opere diaconali», della 17ma edizione del suo evento pre-sinodale, «Frontiere diaconali» (venerdì 22 agosto, tempio valdese di Torre Pellice), moderato da Salvatore Cortini, direttore del Centro Sociale «Casa Mia – E. Nitti», che ha ricordato il contributo come chiese e opere, piccole o grandi che siano, in un contesto di carenza di risorse, con l’impegno di tutelare, accogliere e ascoltare le persone. Sulla stessa scia il presidente Daniele Massa, che ha insistito sul «seminare valori di giustizia e solidarietà», e soprattutto sul fatto che «oggi, per noi, non si tratta semplicemente di “fornire servizi”: è un atto politico e spirituale».
A delineare questa storia di servizi che dall’Ottocento si sono ampliati, geograficamente e tematicamente, è stato Stefano Gnone, direttore dell’Area Se, ricordando che le sfide di oggi richiedono un lavoro insieme, da cui la scelta di creare una rete nazionale fra le opere che lavorano in questo ambito, il Coordinamento dei servizi diaconali per minori, alla fine del 2022. Non un organo di controllo e supervisione, ma un luogo di confronto per crescere insieme.
Impressionante la ricchezza di progetti e problematiche toccate nella «geografia degli interventi educativi diaconali» da Noemi Bertolotti, responsabile Area Servizi Inclusione: dalla Sicilia (Scicli, Riesi, Palermo) a Napoli, Firenze, Torino e valli valdesi. Scuola, doposcuola, spazi aggregativi, servizi domiciliari, spesso in collaborazione con i servizi sociali, le Asl, i tribunali, per fronteggiare i problemi posti da situazioni di povertà, immigrazione, disabilità, disagio psicologico.
Inseriti in questo ambito anche i progetti di accoglienza e “abitazione protetta” per le madri in difficoltà, i servizi di aiuto alla genitorialità, perché aver cura dei più piccoli significa aver cura anche dei grandi, come ha sostenuto Roberto Locchi, coordinatore della supervisione psicologica della Dv, che ha fatto il punto su «Minori: tutela e azioni educative», sottolineando che non si tratta di un tema per specialisti, ma ci tocca (e ne siamo responsabili) tutti, come società e come Paese. Locchi ha individuato alcune parole chiave: rispetto, nei confronti dei desideri, possibilità e capacità dei più giovani, insieme a quelli dei loro genitori; coinvolgimento, dei minori, per renderli protagonisti di decisioni che li riguardano, e tenendo conto che l’azione educativa è un processo che dura tutta la vita. Altre due parole sono ascolto (è necessario un approccio attento, consapevole) e mitezza: quest’ultima, mutuata dall’ambito giuridico, specie minorile, rientra nell’ottica di evitare che i minori entrino nel circuito della giustizia penale, con un’azione di rieducazione: la tutela deve essere preventiva, non solo intervenire nell’emergenza, curare a monte le relazioni familiari.
Anche parlando più strettamente della vita delle chiese, il panorama da nord a sud è molto ricco di esperienze. L’intervento del pastore Stefano D’Amore, presidente Ced I Distretto, e di Anais Scaffidi Domianello, animatrice giovanile, si è concentrato sul progetto dell’animazione giovanile, attivo nel I Distretto da alcuni decenni, in forme diverse, e ripartito dopo la “rottura” della pandemia di Covid-19 e un’analisi su ciò che era necessario fare.
Hanno individuato tre elementi importanti: l’ascolto, il recupero e la cura delle relazioni, in particolare con le chiese locali (importante anche la collaborazione con la Diaconia), la spiritualità. Il peso della storia e della tradizione non deve bloccarci, ha osservato D’Amore: il nostro piano di lavoro è «tradizione e nuove sfide», per esempio rivitalizzando alcuni momenti (come la rencontre al Colle della Croce) e investendo sulla formazione di nuovi animatori.
Questi e altri temi sono presenti nel nuovo numero dei “Quaderni della Diaconia”, illustrato da Silvia Davit (resp. comunicazione) al termine dell’incontro, presto scaricabile, come tutta la serie, in questa pagina del sito della Diaconia valdese.