Da Nicea al futuro
Si è svolta la sessione estiva del Segretariato attività ecumeniche
«Ho imparato molto alla sessione e riflettevo quanto inciderebbe nelle nostre comunità in Italia che una forma del genere, ovviamente ridotta, potesse essere organizzata in altri contesti, anche più piccoli, dove si riproducesse quest’esperienza del Sae che viene fatta da tempo immemorabile. Un’esperienza viva, di conoscenza, di scambio teologico e liturgico, di fede». Sono parole del teologo Fabrizio Bosin, dell’ordine dei Servi di Maria, docente al Marianum, al termine della sessione di formazione ecumenica del Sae (Segretariato attività ecumeniche) svoltosi a Camaldoli dal 27 luglio al 2 agosto sul tema «Da Nicea ad oggi. Ecumenismo tra memoria e futuro».
Sono parole che bene dipingono quella che è stata la settimana, che ha messo in relazione membri dei tre grandi rami dell’ecumene cristiano presenti in Italia – cattolico, ortodosso, riformato – tra i quali una buona diversificazione del ramo riformato: avventisti, battisti, metodisti, pentecostali, valdesi. Tra questi ultimi, la presidente del Sae, Erica Sfredda, che ha sottolineato nelle conclusioni: «Nel tornare alle fatiche e alle gioie della quotidianità porteremo con noi la ricchezza che tanti fratelli e sorelle hanno condiviso con noi, la loro sapienza e le loro competenze». La ricchezza, sottolineata da molti, è l’unità nella diversità, un pilastro per l’ambito ecumenico. «Abbiamo percepito con molta chiarezza che siamo differenti per visioni, sensibilità, culture e fedi, ma abbiamo anche sentito che possiamo, e dunque dobbiamo, camminare insieme cercando il Signore».
Il gradimento di chi ha partecipato – di diverse età e provenienze – dice l’efficacia di una formula che unisce riflessione teologica, laboratori, preghiera e convivialità all’interno di un accogliente contesto monastico. La foresta casentinese, che dall’aurora al tramonto è uno scrigno aperto di doni ineffabili, ha aggiunto bellezza all’esperienza.
La trattazione del tema, partendo dall’evento Nicea attraverso una ricostruzione storica e teologica (Ferrario e Prinzivalli) e un ponte con l’oggi (Castellucci, Fasiolo, Vogel) ha aperto il ventaglio delle implicazioni: il rapporto tra Scritture e culture (Simonelli) e tra fede e politica (Gajewski, Saccenti), l’annuncio nella pluralità culturale (Gutierrez, Laiba, Tadjikam), le riscritture del Simbolo niceno-costantinopolitano (Bosin, Tomassone), le ricadute esistenziali della fede in quel Gesù di Nazaret «vero Dio e vero uomo» (Annarilli, Graziano, Marchetti, Pagliacci), la conciliarità e la sinodalità (Morandini).
Cristina Simonelli ha allargato l’interpretazione di Nicea come evento “imperiale” a quella di un concilio che, nell’affermare un’unità non basata su un principio gerarchico ma sulla pluralità, critica la visione patriarcale dell’impero. Impero al quale resistono le vite dei martiri che testimoniano l’unica signoria del Kyrios. Letizia Tomassone ha mostrato come nelle riscritture moderne del Simbolo – come la Confessione di Accra della Comunione mondiale delle Chiese riformate del 2004 – non si dice unità della fede senza giustizia. Il Credo ha anche relazioni con la pace, tema dell’incontro «Uno sguardo su Israele e Palestina» tra Anna Foa e Izzedin Elzir. Fermare il massacro a Gaza, nutrire gli affamati, liberare gli ostaggi, favorire la pacificazione sono gli imperativi emersi durante il dialogo moderato da Brunetto Salvarani, presidente dell’associazione Amici di Neve Shalom/ Wahat al Salam. Creare possibilità di dialogo a livello locale, nazionale, e fra nazioni in conflitto è l’opinione del fondatore della Scuola fiorentina di alta formazione per il dialogo interreligioso e interculturale, rav Joseph Levi, intervenuto alla tavola rotonda. Terreno di incontro è anche la Bibbia, pensiero emerso nella serata sulla nuova Traduzione letteraria ecumenica presentata da Luca Maria Negro e Luca Mazzinghi della Società biblica in Italia.
La sessione si è chiusa con diversi auspici: il riconoscimento di chiese a quelle che sono ancora definite comunità ecclesiali, la creazione in Italia di un organismo stabile di concertazione tra le chiese, lo sviluppo della pratica dell’intercomunione e della catechesi ecumenica.
«Io credo, con Maria Vingiani, che l’ecumenismo sia prima di tutto uno stile di vita» ha detto infine la presidente, al termine del proprio mandato così come il comitato esecutivo. «Sono stati quattro anni magnifici di cui ringrazio il Signore. La bellezza siete stati voi: le vostre telefonate, le vostre mail, la vostra presenza alle sessioni».