Una cartina al tornasole per l’animo umano
«L’ultima crociera», romanzo di Chiara Clini basato su un episodio della Seconda Guerra mondiale
Di Roberta Colonna Romano
10 luglio 1940: Mussolini dichiara guerra alla Gran Bretagna, ormai praticamente l’unica nazione in Europa non invasa o non ancora vicina all’invasione nazista; l’allarme è forte e diffuso, si teme una possibile attività di spionaggio interno. Si effettuano così indagini e numerosi arresti di italiani, maschi, visti come potenzialmente pericolosi, i soli che nelle intenzioni vanno isolati. Ma fretta e paura incoraggiano la superficialità, quindi a essere rinchiusi in un campo di prigionia in attesa di essere deportati in Canada sono centinaia di uomini fra cui solo pochi fascisti fanatici, soldati tedeschi prigionieri, ma anche pacifici cittadini immigrati e paradossalmente ebrei e rifugiati antifascisti che in Inghilterra avevano cercato, e fino allora trovato, rifugio e lavoro (fra queste persone del tutto innocue il milanese Giacomo Limentani, i cui scritti autobiografici hanno ispirato il personaggio di Jacopo, e Guido Conti, un prozio dell’autrice, annegato nel naufragio dopo aver ceduto a un altro il suo salvagente).
Dopo pochi giorni sono imbarcati su un transatlantico da crociera requisito per il viaggio, con l’equipaggio affiancato da militari. Poco dopo la partenza, il 2 luglio, la nave è silurata da un sommergibile tedesco e cola a picco (l’ultima crociera del titolo) causando la morte di centinaia di persone. Alla fine della guerra saranno riconosciute le colpe: non c’erano sulla nave le regolari segnalazioni di trasporto civili e prigionieri di guerra.
Da questo fatto reale prende spunto questo romanzo*, il primo libro di Chiara Clini, membro della nostra chiesa di Venezia e rappresentante della scuola domenicale nel Consiglio di chiesa. La trama si svolge dall’intreccio delle voci alterne in prima persona di tre personaggi: Jacopo, un veneziano ebreo rifugiato che lavora alla Bbc nei programmi per l’Italia; Harriet, una giovane inglese impiegata negli uffici del Ministero dove si svolgono indagini e interrogatori, madre nubile che per difendersi dai pregiudizi finge un inesistente marito prigioniero di guerra; Wolf, imbarcato sul sommergibile tedesco che pattuglia le acque intorno alla Scozia, un giovane maestro di campagna senza particolari idee politiche.
Jacopo viene arrestato e per un ritardo accidentale i documenti della Bbc che garantirebbero per lui non arrivano in tempo per salvarlo dalla prigionia; Harriet lo incontra nell’ufficio dove si trova lei stessa a interrogarlo, e fra i due si crea, nonostante la situazione, una forte attrazione dapprima negata. Quando Harriet riceve finalmente i documenti, il suo senso di giustizia la spinge a tentare il possibile per salvarlo dalla deportazione, ma continui intoppi burocratici glielo impediscono; e la stessa determinazione la spinge a cercarlo a tutti i costi fra i superstiti del naufragio, in un una serie di viaggi che sono anche un percorso di maturazione.
La voce di Wolf forma un contrappunto alla vicenda dei due personaggi principali: non è un nazista convinto ma non prende una posizione contro il nazismo; è però capace di criticare ingiustizie ed errori, e le posizioni estreme, come il fanatismo del comandante. In un certo senso anche lui è una vittima, e sue sono le parole di chiusura del romanzo: “Quando finirà questa guerra?”.
L’autrice racconta senza giudicare esplicitamente. Il giudizio è implicito nei fatti narrati, come l’implacabilità del comandante del sommergibile che vede le navi che farà silurare solo come mezzi per conquistare un primato fra i suoi colleghi; come l’odio viscerale che spinge i militari nazisti a continuare a tormentare gli ebrei perfino nel campo di prigionia. Il libro è però anche una implicita requisitoria verso la contaminazione morale della guerra, che fa venire a galla il lato peggiore anche di chi è dalla parte giusta: come i ragazzi londinesi che tirano sassi agli immigrati italiani del loro quartiere, frequentati fino a pochi giorni prima; come la trascuratezza del capo di Harriet, che condanna tanti alla deportazione in maniera superficiale, anche senza analizzare sufficientemente la loro situazione. E d’altra parte fa emergere anche i lati umani di chi è dalla parte sbagliata: le riflessioni pensierose di Wolf, le parole del suo compagno che tenta di opporsi agli eccessi del comandante.
Va segnalata la mole di ricerche storiche effettuate, che hanno permesso all’autrice di inserire, in modo quasi casuale, piccoli particolari che permettono ai lettori di rivivere il particolare clima di quel periodo tragico.
* C. Clini, L’ultima crociera. Segrate, Piemme, 2024, pp. 368, euro 18,90.