Regno Unito, cure palliative e suicidio assistito
Continua il dibattito sull’approvazione di una legge che lo aprirebbe agli adulti terminali: il Sinodo generale della Chiesa anglicana si è pronunciato contro, sostenendo l’importanza delle cure palliative
Tra i vari argomenti trattati, il Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra riunitosi dall’11 al 15 luglio scorsi si è espresso con un appello al Governo per investire sulle cure palliative piuttosto che promuovere una legge sul suicidio assistito «inapplicabile e pericolosa», come si legge nel comunicato stampa diffuso al termine dell’assemblea.
Come avevamo scritto in questo articolo lo scorso dicembre, è in corso nel Parlamento inglese un complesso iter di approvazione di una legge, il Terminally Ill Adults (End of Life) Bill: superato il primo passaggio alla Camera dei Comuni, con l’approvazione lo scorso 20 giugno (314 favorevoli 291 contrari, un margine di soli 23 voti, ridotto rispetto alla precedente votazione, in novembre, che aveva avuto uno scarto di 55) è ora arrivato alla Camera dei Lord, la cui approvazione non è scontata, ma probabile. Tuttavia, prima che la legge diventi operativa (e solo in Inghilterra e Galles) potrebbero passare fino a quattro anni. Il provvedimento è controverso anche all’interno del Governo: lo appoggia il Primo Ministro Keir Starmer, contrario Wes Streeting, segretario di Stato per la salute e l’assistenza sociale (Ministro della Salute).
L’assemblea della Chiesa anglicana ha chiesto al Governo inglese di aumentare gli investimenti nelle cure per il dolore «disperatamente necessarie» e nelle ricerche in questo campo, appoggiando l’appello (un ricco documento che si può leggere e scaricare qui) della vescova di Londra, Sarah Mullally, con un brillante passato professionale nel settore infermieristico, che si è detta (si legge nel comunicato stampa) «profondamente preoccupata per il disegno di legge sugli adulti malati terminali, che legalizzerebbe il suicidio assistito», che metterebbe a rischio le categorie di persone più vulnerabili.
Definendo il disegno di legge «pericoloso e inattuabile», ha invitato i membri del Sinodo a pregare e «impegnarsi attivamente» con i membri della Camera dei Lord durante l’iter di approvazione della legge.
Il vero problema, ha affermato, sono le disuguaglianze dell’accesso alle cure e nel diritto alla salute, che fanno sì che «alcune persone avranno fino a 20 anni di salute in meno rispetto ad altre». Disuguaglianze che si protraggono fino al “fine vita”, con «solo una persona su quattro che può accedere alle cure palliative di cui ha bisogno, sulle quali (peraltro) permane una diffusa incomprensione e sfiducia». La domanda, posta da Mullally, è come pensa il Governo di finanziare il servizio di suicidio assistito quando il Servizio sanitario nazionale non riesce a coprire i due terzi dei costi delle cure palliative.
Il Governo stesso (ha puntualizzato la vescova) ha riconosciuto che è possibile che alcune persone scelgano la morte assistita «perché non possono accedere alle cure di cui hanno bisogno o perché potrebbero sentire pressioni per i costi delle cure». Un aspetto di coercizione inaccettabile, che si accompagna a un cambiamento anche nella «nostra visione come società su ciò che rappresenta una vita degna», ha concluso Mullally: «Le Scritture ci dicono che ogni persona è creata a immagine di Dio e possiede un valore incommensurabile, che non diminuisce con una malattia fisica, o con la perdita delle facoltà, anche se la condizione è terminale».
Nel dibattito si sono confrontati diversi pareri, tra cui molti membri del clero che lavorano in luoghi di cura, medici e consulenti del Servizio sanitario, psichiatri. La mozione finale, approvata con 238 voti a favore, 7 contrari e 7 astenuti, recita: «Questo Sinodo, alla luce dei recenti dibattiti sul Terminally Ill Adults (End of Life) Bill, riafferma che ogni persona ha un valore incommensurabile e irriducibile, e chiede al Governo di Sua Maestà di lavorare per migliorare i finanziamenti e l’accesso ai servizi di cure palliative, disperatamente necessari, invece di promulgare una legge che mette a rischio i più vulnerabili».