Il Commento di Aponio al Cantico dei Cantici

Un teologo ed esegeta poco conosciuto, ma molto studiato

 

Teologo poco conosciuto, vissuto presumibilmente fra IV e V secolo e dalla biografia povera di dati, Aponio – forse ebreo siriano convertito al cristianesimo – ha lasciato una sola opera: il Commento al Cantico dei Cantici. Ora, se ne ha una edizione in italiano, curata dal patrologo Luca Zambianchi, per i tipi di Città Nuova*.

 

Aponio esegeta. Testo redatto in Italia negli anni 405-410, in un latino non propriamente “classico”, il Commento – articolato in 12 libri con Prologo ed Epilogo – ha un’importanza sul piano esegetico: «La storia della salvezza diviene immagine della relazione tra la Chiesa e Cristo»; sul piano cristologico è una difesa della divinità e dell’umanità di Cristo e della sua anima: «L’unione del Verbo divino con l’anima umana si compie definitivamente nella morte in croce». La Scrittura si esprime per figure; pertanto, va interpretata allegoricamente: «In tutto questo Cantico lo Spirito Santo compone una sorta di canto nuziale per mezzo di enigmi, che non hanno nulla a che fare con la storia. […] è un canto, come una dolce melodia d’amore, tra il Verbo di Dio e l’anima. […] E, laddove lo Spirito Santo agisce attraverso figure, è necessario che ci atteniamo strettamente all’allegoria». Quindi, il Cantico non può essere interpretato soltanto in un’ottica letteraria: si deve “scavare” nelle sue espressioni spirituali in senso morale. «In questo libro, naturalmente, non c’è nulla dell’amore carnale che i pagani chiamano passione e che può essere considerata follia piuttosto che amore, ma tutto è spirituale, tutto è degno di Dio, tutto è benefico per l’anima. Ci fa vedere in modo più chiaro della luce del giorno a quale gloria Dio, con la sua incarnazione e con la sua estrema carità ha esaltato la natura umana dopo l’accumulo di tanti crimini».

 

Al centro del discorso sta la comprensione di Dio: «In questo ordine di amore, ecco ciò che si deve credere prima di tutto e in cui si deve essere istruiti: credere e riconoscere che prima di tutto deve essere nominato il Padre, nel quale il Figlio è sempre, come il Verbo nella voce; in secondo luogo, il Figlio, nel quale c’è sempre il Padre; in terzo luogo, lo Spirito Santo che procede con vera ragione dalla voce e dal Verbo, dal Padre e dal Figlio».

 

La cristologia. Aponio spiega quale sia la vera fede: credere in Gesù Cristo vero uomo e vero Dio. «In questa roccia, che è Cristo, dobbiamo anche riconoscere i cinque fori: nelle mani e nei piedi il passaggio di chiodi e il fianco trafitto dalla lancia. È attraverso questi buchi che la Chiesa, nel beato Tommaso, è chiamata a venire, riconoscendo il vero Dio nel vero uomo, quando gli viene detto: “Metti la tua mano nel posto dei chiodi e nel mio fianco, e vedrai che sono proprio io; e non essere incredulo, ma credente” [Giov. 20, 27]. È in questi fori che, con la sua confessione, ha mostrato alla nazione incredula il vero Dio e vero uomo, dicendo: “Dio mio e Signore mio” [Giov. 20, 28]». L’amore di Dio nei confronti dell’uomo viene espresso nell’incarnazione e nella morte e passione del Cristo: «non possiamo passare dalla morte alla vita [1 Giov. 3, 14] se non portiamo sempre Cristo e la sua croce come sigillo nella nostra coscienza. Nessuno, infatti, può essere ammesso all’amore tra quest’anima e il Verbo del Padre. Amore che lei afferma essere invincibile quando dice: “Perché l’amore è forte come la morte” [Ct. 8, 6]. E non esiste nessuno che può eguagliarsi a Cristo, senza Cristo. Perché, secondo l’apostolo Paolo, “unico è il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù” [1Tm.2,5]».

 

Coprotagonista del Cantico è la Chiesa, sposa inseparabile del Cristo in quanto da lui sempre amata e resa santa e immacolata, «capace di santificare attraverso i suoi sacramenti, depositaria della retta fede e della tradizione apostolica, sempre trionfante sulle forze del male». Però, circa la gerarchia ecclesiastica, nel Commento sono assenti le definizioni dei singoli ruoli: impiega soltanto due lemmi: sacerdoti e maestri. «Una sola volta Aponio afferma che tutti i cristiani, attraverso il battesimo, sono divenuti sacerdoti. Solitamente afferma che i sacerdoti e maestri sono tali perché vicari degli apostoli.» Quanto ai sacramenti, Aponio li considera segni visibili della grazia in forza della «simbologia della relazione tra la Chiesa e Cristo»: il battesimo lava dai peccati; l’eucarestia è un partecipare al corpo e al sangue del Cristo.

L’opera di questo teologo poco “praticato” registra nel tempo molte edizioni tra il 1529 e il 1986, oltre a non poche edizioni e a non pochi studi e traduzioni.

 

 

* Aponio, Commento al Cantico dei Cantici, a cura di Luca Zambianchi. Roma, Città Nuova, 2024, pp. 488, euro 34,90.