L’appello del violinista druso Alaa Arsheed

La crisi in Siria minaccia ancora una volta le minoranze

 

 

Il 17 luglio, il violinista siriano Alaa Arsheed, in Italia dal 2015, ha rivolto un appello indirizzato “alla premier Giorgia Meloni, al governo e al popolo che mi ha accolto come un fratello, affinché mi aiuti ad accendere la luce, a fare rumore, a rompere il cerchio del silenzio nero dentro cui stanno soffocando la mia famiglia, la mia storia, il mio Paese”.   Infatti nei giorni scorsi Suwayda, “una cittadina pacifica con una radicale tradizione liberale”, è stato bersagliato dall’artiglieria e dall’aviazione governativa del nuovo leader siriano, il jihadista Al Joulani, che si è autoproclamato presidente della Siria nel gennaio 2025 dopo la cacciata del vecchio presidente siriano Bashar al Assad. Al Joulani si presenta in giacca e cravatta per spacciarsi come democratico, ma democratico non lo è affatto e lo sta dimostrando perseguitando proprio quelle popolazioni siriane che resistono alla sua volontà tirannica.

 

Il violinista Alaa Arsheed, chiede aiuto per il suo popolo, i Drusi , che sono una minoranza etnica e religiosa nella regione tra Siria, Libano, Israele e Giordania, e per noi Italiani e per tutti gli Occidentali è difficile comprendere questi intrecci, ma mi pare che è l’ora di fare questo sforzo, perché altrimenti, se restiamo a guardare, come osserva Domenico Quirico, in un articolo del 16 luglio sempre su “La Stampa”, dopo la persecuzione di Alawiti, Drusi e Curdi, verrà la volta dei Cristiani d’Oriente, lasciati per ultimi dall’attuale padrone della Siria, forse perché teme, a quel punto, che gli Occidentali “si destino dall’incantamento che li ha colti per il figliol prodigo jihadista”.

 

Ma seguiamo adesso il racconto di Alaa Arsheed che ricorda che l’ultima volta che ha visto la sua cittadina, prima dell’esilio, era in piazza con tanti altri a protestare contro il rigido controllo del territorio messo in atto dall’allora dittatore Bashar al Assad: “Chiedevamo i diritti che dovrebbero essere naturali per ogni essere umano, reclamavano libertà, pace, giustizia e dignità”.

La risposta del regime fu, tra l’altro, che la galleria d’arte della sua famiglia (Alpha Art) fu attaccata e messa a soqquadro dalle milizie di Assad. Di quel centro culturale, dove si tenevano mostre d’arte e dibattiti filosofici all’insegna di uno spirito aperto e del pensiero critico, tanto inviso a ogni dittatura, restarono quadri deturpati e sfregiati.

 

E quando il dittatore fu spodestato, Alaa Asher afferma di aver brindato  per giorni con familiari e amici. “Ho gioito. Ho sperato. Ho creduto nella liberazione”. E ciò allontanò per un poco i timori espressi da chi osservava che quei liberatori “non avevano nulla da spartire con i giovani liberali della mia protesta ma che provenivano invece dalle file degli ex jihadisti, quegli stessi fondamentalisti rimasti a combattere il regime di Damasco mentre l’occidente e la comunità internazionale abbandonavano la Siria più bella, più aperta”.

Ora il cuore di Alaa Arshed piange di nuovo, perché i suoi familiari, gli amici, gli abitanti del suo villaggio “sono nel mirino della violenza, dell’odio, del rischio della pulizia etnica. Vittime, ancora”.

 

Perché? Gli abitanti di Suwayda “Pagano il prezzo più alto perché insistono nel difendere l’idea che la libertà sia un valore profondo. Perché hanno il coraggio di denunciare che non basta essersi battuti contro Bashar al Assad per dirsi democratici e per portare la bandiera della libertà: bisogna invece concordare sulla necessità di opporsi e contrastare qualsiasi tipo di oscurantismo, qualsiasi forma di ignoranza e di dogmatismo”. Soprattutto il dogmatismo che contraddistingue il nuovo regime siriano.

Così grida il violinista druso siriano: “Abbiamo creduto nel cambiamento, ma il cambiamento sta tradendo le promesse e le nostre più ingenue aspettative: democrazia, laicità, diritti civili non sembrano essere gli obiettivi governativi di Al Joulani. Tutto il contrario, si direbbe che ne siano piuttosto i bersagli”. E prosegue: “Chiedo aiuto all’Italia e alla comunità internazionale contro i soprusi, gli stupri, gli omicidi che in queste ore distruggono As Suwayda. Chiedo aiuto ai cittadini che credono nella libertà fatta di diritti concreti e non di propaganda, nelle differenze, nella libertà religiosa. Credo nell’arte, nella musica, nella poesia, nella bellezza, nella pace, credo ancora anche nell’Umanità. Credo che si possa fare oggi quello che non si è fatto ieri – quando pure era possibile sostenere la meglio gioventù siriana – provando insieme a scongiurare che la guerra torni a insanguinare il Paese”.