
Milano. Calcio di quartiere
Accoglienza e integrazione attraverso lo sport: un progetto della Diaconia valdese nel capoluogo lombardo
«Anche noi operatori ci mettiamo in gioco: sul campo siamo tutti uguali, senza barriere e disparità di ruoli a separarci, e questo approfondisce il lato umano del nostro rapporto».
Andrea Premarini è operatore della Diaconia valdese/Servizi Inclusione per il progetto Cas (Centro accoglienza straordinaria) per conto della Prefettura di Milano e della rete Sai (Sistema di accoglienza e integrazione) sul territorio milanese e ci racconta l’attività di calcio di quartiere avviata nell’ottobre 2023 nei Comuni di Cesano Boscone e Corsico, nell’hinterland milanese, dove si trovano gli appartamenti del progetto di accoglienza.
L’anima del progetto, ideato da Andrea con un suo amico, allenatore in un contesto di volontariato sociale, è fare integrazione attraverso lo sport: un allenamento di calcio settimanale con i ragazzi beneficiari, ma anche attività di cura degli spazi (per esempio, pulizia e sistemazione del campo e degli spogliatoi) concessi gratuitamente dalla Comunità pastorale «Madonna del Rosario» di Cesano Boscone, «e la partecipazione a tornei, soprattutto estivi, organizzati da vari enti e associazioni, non necessariamente legati ai progetti di accoglienza. Noi stessi organizziamo un torneo, in collaborazione con la Comunità Pastorale e il Comune, che quest’anno si è chiamato “Sogni in rete” e si è tenuto lo scorso 14 giugno; nelle precedenti edizioni si chiamava “Torneo dei popoli”. Una bellissima occasione per far conoscere e relazionare ragazzi diversi, quelli che vivono nel Comune, i beneficiari dell’accoglienza, e altre squadre invitate. Quest’anno, abbiamo coinvolto la squadra di “Civico Zero” (altro progetto della Diaconia valdese, in collaborazione con Save the Children, attivo alla chiesa metodista di Milano, ndr) e i ragazzi dell’oratorio “Bresso 4” con cui abbiamo ottime relazioni».
Quest’anno, spiega ancora Andrea, «agli allenamenti settimanali hanno partecipato solo i ragazzi del centro, ma solo per questioni logistiche: lo scorso anno condividevamo il giorno di allenamento con i ragazzi del quartiere, per cui c’era una parte di gioco in comune».
Obiettivo di queste iniziative «è proprio far conoscere e interagire gruppi diversi, creando un percorso comune di crescita attraverso lo sport: puntiamo molto sulla capacità del calcio, in particolare, di essere , come la musica e il teatro, un linguaggio universale, che abbatte le barriere linguistiche. Ricordiamo che il nostro è un progetto di prima accoglienza, i nostri ragazzi arrivano spesso direttamente dagli sbarchi, quindi questo è uno strumento per imparare le prime frasi in italiano, in un contesto non formale come quello scolastico, che li aiuta subito a inserirsi ed essere coinvolti…».
In genere i beneficiari del Cas arrivano dal’Africa sub-sahariana, qualcuno dal Maghreb e dal Bangladesh, e l’età va dai 19 ai 35-40 anni: «Alcuni si sono cimentati in uno sport che non appartiene alla loro cultura, e questo è stato un ulteriore elemento aggregativo. Ovviamente i livelli sono molto diversi, ci sono ragazzi che giocano in altre locali, e poi vengono da noi per divertirsi, questa diversità è un valore aggiunto…».
Ora si è concluso il trimestre primavera-estate, e si riprenderà con l’autunno: l’attività è vincolata dalla disponibilità dei volontari e dei ragazzi, ma la speranza è di andare avanti…