Parole d’ordine per il futuro

Torre Pellice: cinque giorni di lavoro della Scuola per la democrazia

 

Quarta edizione, ostinatamente, per riflettere sul lessico e sulle vie della democrazia: tanto più in un momento in cui giornalmente ne vediamo sfregiati alcuni presupposti, nel campo del diritto internazionale come in quello del diritto all’informazione (Bruna Peyrot), mentre vediamo Stati, democratici per storia e tradizione, adottare invece strumenti e modalità di governo autoritari. Il contesto non incoraggiante rende tanto più necessaria la riflessione – con gli studenti iscritti come nelle occasioni aperte al pubblico – della Scuola per la democrazia, quest’anno dedicata alle «Culture della democrazia», in una sorta di “artigianato della democrazia” (William Jourdan).

 

I saluti istituzionali, la sera di mercoledì 2 luglio nell’Aula sinodale di Torre Pellice hanno messo in rilevo la necessità dell’interazione fra enti e richiamato preceduto la prolusione tenuta da Marco Bouchard, per molti anni magistrato e docente di Diritto penale, presidente onorario della Rete Dafne, associazione di supporto alle vittime di reati. Il tema, non scontato, e immune da qualunque tecnicismo, era quello del rapporto fra emozioni e democrazia. Un rapporto, certo bivalente: esistono emozioni che hanno effetti positivi, scuotendo gli animi; e altre che, magari suscitate e governate ad arte, portano voti senza peraltro risolvere problemi.

 

A sostegno dell’intervento di apertura della “Scuola”, Bouchard ha portato anche alcune delle riflessioni del suo libro La vergogna del giusto e dell’ingiusto – in discussione alla Torre di libri, sabato 12 alle 16, di fronte al Municipio di Torre Pellice. È questo un sentimento che proviamo quando siamo sottoposti allo “sguardo dell’altro” (tale era lo scopo della gogna), che mette in discussione le nostre certezze. Il rapporto con le emozioni è dunque creativo ma anche rischioso: la mobilitazione solidale per una causa giusta è altra cosa rispetto alla paura, a volte alimentata ad arte (così vediamo gestire spesso e in vari Paesi il problema delle migrazioni). Le emozioni possono viceversa essere bene indirizzate, ma ciò presuppone un esercizio, una pratica educativa, una costanza dell’apprendimento e della sollecitazione reciproca.

 

Dalla tavola rotonda conclusiva di domenica 6 e dalle giornate precedenti sono filtrate nelle conclusioni di Davide Rosso, alcune parole d’ordine per il futuro: pluralità; processo democratico (la democrazia non è un dato acquisito), valore delle differenze, ma anche una universalità da riconquistare; infine, e più di tutto, la necessità di ragionare seriamente su ciò che intendiamo per pace.

 

La tavola rotonda conclusiva di domenica 6 ha visto la presenza di Elisabetta Ribet, Michele Vellano, Alessandro Giacone, Valdo Spini, Umberto Gentiloni e Stefano Tallia. Dai loro interventi e dalle giornate precedenti sono filtrate nelle conclusioni di Davide Rosso, alcune parole d’ordine per il futuro: pluralità; processo democratico (la democrazia non è un dato acquisito), valore delle differenze, ma anche una universalità da riconquistare; infine, e più di tutto, la necessità di ragionare seriamente su ciò che intendiamo per pace.