Una riflessione su cambiamento e resistenza

Guardia Piemontese, una nuova edizione del Festival delle Riforme culturali

 

 

Da sette anni il Festival delle Riforme Culturali di Guardia Piemontese (CS) offre non soltanto un’occasione di conoscenza della storia, la lingua, la cultura materiale e i luoghi di questo antico insediamento valdese, ma costituisce anche un appuntamento per riflessioni sul tempo presente. Il gruppo che gestisce il Centro culturale “Gian Luigi Pascale” (comprendente il piccolo museo e il laboratorio di tessitura dell’abito tradizionale guardiolo) è riuscito, in questi anni, a consolidare una collaborazione con molte istituzioni, centri di ricerca, associazioni, italiane ed estere, impegnate nella conservazione e trasmissione dei patrimoni culturali, fornendo ai partecipanti la possibilità di intrecciare la propria esperienza locale quotidiana con riflessioni teoriche di più ampia portata. L’incontro fra persone impegnate nella salvaguardia delle culture cosiddette “di minoranza”, coscienti del loro ruolo di componenti significative, portatrici di differenti modi di vedere il mondo e di agire nella società, costituisce pertanto un’occasione formativa importante, da cui trarre spunti per la propria professione in ambito culturale.

 

La presenza del Centro costituisce, anche per le chiese valdesi del quarto Distretto, un interlocutore per l’elaborazione culturale e un attrattore di interesse nei confronti dell’esterno (anche del turismo), a motivo della sua storia così tragicamente attuale. Difficoltosa è, per il momento, la collaborazione con alcuni enti locali, che talvolta stentano a cogliere nell’attività del Centro un possibile partner per un rilancio anche economico e turistico, ma soprattutto sociale, in un territorio caratterizzato, come messo in evidenza anche dalla recente Conferenza distrettuale, da un generale impoverimento demografico che tocca soprattutto la fascia dei giovani. Essi spesso preferiscono infatti spostarsi al Nord o all’estero per studiare e poi per lavorare, senza tornarvi e riportarvi i saperi acquisiti. È, quest’ultima, una preoccupazione che emerge costantemente e insistentemente nelle intenzioni e nei programmi del gruppo organizzatore delle attività che si svolgono intorno al Centro Pascale, soprattutto a fronte del numero ormai ridotto e dell’età media dei residenti nel paese.

 

Il programma di questa edizione ha coinvolto numerosi soggetti che si sono confrontati su molti temi, fornendo chiavi di lettura differenti. Tuttavia, sullo sfondo – anche di fronte allo spaesamento che gli eventi politici e bellici di questi tempi producono su tutti noi – ho avuto l’impressione che due termini abbiano marcato, in modo più o meno programmaticamente esplicito, più di altri gli approcci proposti: cambiamento e resistenza. Tali termini hanno infatti consentito di collegare le ricerche sul passato (la marginalità e clandestinità dei valdesi medievali nel loro modo di gestire, fra grandi difficoltà, la predicazione e il collegamento fra le comunità disperse; la sopravvivenza di contatti con le Valli del Piemonte anche dopo la strage del 1561) con le urgenze del presente (la ricerca e il recupero di modelli di vita sostenibili per l’ambiente; le azioni di salvaguardia delle memorie delle comunità per farne una risorsa per il presente; le esperienze di ritorno nelle aree marginali, guidate dalla scommessa di poter ritrovare un proprio senso di stare al mondo, più consapevole e meno condizionato dai modelli di società fondate su base principalmente utilitaristica).

 

A Guardia in particolare, come ha ricordato nei suoi interventi Stefania Tufi, sociolinguista dell’Università di Liverpool, la memoria di un passato tragico si è trasferita a un livello di comunicazione pubblica (la segnaletica, la toponomastica, il paesaggio linguistico) che esprime una “costruzione quotidiana della vulnerabilità” evidente nella denuncia delle ingiustizie subìte ma, al contempo, capace di generare risorse e energie trasformative, dirette alla costruzione di forme di riscatto, culturale e sociale, in grado di essere condivise e partecipate anche da chi guardiolo non è. Se esistono ragioni di speranza, a Guardia sono scaturite soprattutto dalla partecipazione dei più giovani: soprattutto gli alunni della scuola locale in occasione della Giornata (guardiola) della memoria e la piccola orchestra internazionale delle minoranze linguistiche.