L’ascolto che cura

Intervista al pastore Sergio Manna, membro del Gruppo di lavoro sulla salute mentale della Commissione Health and Healing del Consiglio ecumenico delle chiese

 

Il pastore Sergio Manna è membro del Gruppo di lavoro sulla salute mentale della Commissione Health and Healing del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC). A due anni circa dalla sua elezione, abbiamo fatto un bilancio del lavoro fin qui svolto.

 

Quali sono i progetti più rilevanti che avete realizzato?

Tra le cose più importanti di questi due anni, oltre allo studio della situazione mondiale, c’è stato il lancio della Campagna di Speranza: Salute mentale e benessere per tutte/i, avvenuta proprio in occasione della Giornata mondiale della salute mentale (10 ottobre), accompagnata da un documento che, tra le altre cose, riporta dati che dovrebbero far riflettere sia i governi sia le chiese sull’importanza di porre maggior attenzione sulle problematiche della salute mentale. Riporto solo alcuni dati emersi dallo studio preparatorio: più del 25% della popolazione mondiale, nel corso dell’esistenza, deve affrontare problematiche attinenti alla salute mentale; il 14% degli adolescenti nel mondo vive con qualche forma di disordine mentale; il suicidio è la quarta causa di morte nel mondo per gli individui compresi nella fascia d’età tra i 15 e i 29 anni. Nel corso del primo anno della pandemia da COVID-19 vi è stato un incremento del 25% di diagnosi di depressione e ansia; il 71% delle persone affette da psicosi, a livello mondiale, non ha accesso ad alcun tipo di cura; in media, le nazioni dedicano meno del 2% dei fondi stanziati per la salute alla salute mentale e almeno metà della popolazione mondiale vive in paesi in cui c’è un solo psichiatra ogni 200.000 pazienti da curare.

 

In tale situazione, quali obiettivi si è posta la Campagna di Speranza: Salute mentale e benessere per tutte/i?

Gli obiettivi sono la sensibilizzazione su queste problematiche così come la promozione del dialogo tra professionisti della salute mentale e comunità di fede (dal momento che in molti contesti le malattie psichiatriche sono ancora stigmatizzate e contrassegnate dalla vergogna). Inoltre si mira al coinvolgimento delle chiese nelle attività di sostegno e inclusività delle persone affette da problematiche mentali (e dei loro familiari) e nelle attività di prevenzione di tutti quei comportamenti che favoriscono l’insorgenza di problemi mentali (ad esempio l’abuso di sostanze tossiche come alcool, droghe e farmaci). Sono altresì in fase di realizzazione dei corsi di formazione (che è possibile seguire anche su piattaforme online) per fornire alle comunità di fede degli strumenti per affrontare le problematiche relative alla salute mentale.

 

Come possono le chiese promuovere la speranza per la salute delle persone?

Ad esempio incoraggiando e promuovendo stili di vita sani a tutti i livelli, cominciando a parlarne già nelle attività svolte con i bambini e gli adolescenti. Sarebbe utile affrontare, anche nei percorsi catechetici, tutte le questioni legate al mantenimento della salute e del benessere: alimentazione sana, educazione sessuale, bullismo, violenza di genere, dipendenza da smartphone, abuso di alcool e droghe. Quest’ultimo punto è piuttosto delicato perché non vi è una piena consapevolezza dei rischi concreti legati, ad esempio, al consumo di cannabis. La mia generazione distingueva tra droghe pesanti e droghe leggere e aveva dei buoni motivi per ritenere innocua la cannabis. Ma quella utilizzata dagli adolescenti oggi (peraltro con inizi sempre più precoci) purtroppo non è la cannabis dei miei tempi. Essa contiene un principio attivo dieci volte superiore a quello contenuto nella cannabis di quando ero adolescente io, e gli effetti sono devastanti. Un po’ di mesi fa ho partecipato a una serata pubblica a Pinerolo (To), nella quale i responsabili dei servizi psichiatrici dell’ASL TO3 raccontavano la loro disperazione per il fatto che sempre più spesso arrivavano da loro adolescenti con severi sintomi psicotici, indotti appunto da questa potente cannabis di nuova generazione, che loro non riuscivano a lenire perché i farmaci antipsicotici che funzionavano bene nelle consuete forme di psicosi, non avevano alcun effetto su questi giovani.

 

Costruire comunità di ascolto dei più vulnerabili è un compito essenziale per le chiese. Come si può attuare un ascolto efficace?

Pur apprezzando la buona volontà e la spontaneità di tutte quelle persone che nelle chiese intendono dedicare tempo ed energie all’ascolto e alla cura dei più vulnerabili, credo che sia importante offrire a queste sorelle e a questi fratelli delle opportunità di formazione, affinché possano svolgere il loro servizio in maniera veramente efficace. L’ascolto, infatti, non è qualcosa che avvenga automaticamente semplicemente perché Dio ci ha dotato di due orecchie. L’ascolto profondo, quello che sa andare al di là delle parole ed è capace di leggere anche il linguaggio corporeo e cogliere il non detto, quello che è in grado di sentire le emozioni dell’altra o dell’altro e di rispondere in maniera tale che il nostro interlocutore o la nostra interlocutrice si sentano veramente compresi, è qualcosa che va appreso sottoponendosi a percorsi formativi appositamente studiati. La Commissione Health and Healing del Consiglio ecumenico delle chiese si sta impegnando anche su questo fronte; d’altra parte, questo è qualcosa che è già presente nelle nostre chiese italiane, ormai da molti anni, mediante i corsi di formazione per visitatrici e visitatori locali che offriamo a tutte le comunità che ne facciano richiesta e di cui mi occupo in prima persona.

 

 

 

Da chiesavaldese.org