
Aiutavano i poveri, il fascismo li fece arrestare
Il regime nel giugno 1940 chiuse l’Albergo del Popolo e sottopose a restrizioni e repressione i responsabili dell’Esercito della Salvezza
Il 10 giugno di 85 anni fa Mussolini, dal balcone di Palazzo Venezia a Roma, annunciava agli italiani e al mondo che aveva dichiarato guerra all’Inghilterra e alla Francia, scendendo in campo a fianco dell’alleato germanico che aveva scatenato la guerra e che sembrava, ormai, in procinto di vincere.
Nelle prime ore del 27 giugno molti camion si fermarono nei pressi dell’Albergo del Popolo, ostello di proprietà dell’Esercito della Salvezza, in via degli Apuli nel quartiere San Lorenzo della capitale: da questi scesero poliziotti che bloccarono le uscite e fecero irruzione all’interno. Gli agenti procedettero al fermo dei presenti: quattro ufficiali salutisti, due addetti e 205 ospiti, che furono tutti portati in Questura. Poco dopo, un’altra squadra irrompeva nel Quartier Generale (la sede italiana dell’Esercito), arrestando il responsabile per l’Italia, brigadiere Carmelo Lombardo, e sequestrando archivi e carte.
Anni dopo così descriveva il momento uno degli ufficiali arrestati, l’aiutante Baldassarre Vinti:
«Poveri vecchi, poveri disgraziati, vi vedevo dallo spiraglio della finestra del primo piano, sospinti dagli agenti, salire sulle pesanti vetture. Vi vidi, ammucchiati, stretti, guardati a vista e udivo le vostre imprecazioni, i vostri gridi di innocenza, il vostro atto di accusa contro l’iniquità che vi colpiva senza colpa! […] Gli agenti erano duri: i loro ordini secchi erano seguiti da spintoni, da pugni, e i più recalcitranti fra voi provarono le carezze di certe mani non del tutto pulite. Scesi dalla mia camera con l’intento di difendervi ma, aperta la porta, dietro vi trovai un agente che mi prese… e divenni uno di voi».
Nella Questura, Lombardo trovò i suoi colleghi Vinti, Celeste Paglieri e Alfredo Salvatore, oltre a G. Belotti e A. Quercia, addetti all’Albergo. Gli ospiti (povere persone senza tetto e senza lavoro fisso) furono diffidati e quasi tutti rilasciati (alcuni però furono addirittura avviati al confino), mentre gli ufficiali furono trattenuti in carcere. Il questore scriveva il 1° luglio al capo della polizia Bocchini proponendo lo scioglimento dell’organizzazione giudicata «antinazionale e contraria al Regime», mentre proprio in quei giorni si verificavano alcuni attacchi da parte di fascisti alla sede salutista di Brescia – culminati in un incendio il 2 agosto – che furono presi a pretesto per dimostrare che la presenza dell’Esercito della Salvezza era fonte di turbamento dell’ordine pubblico.
Il 16 agosto il ministero dell’Interno sciolse l’Esercito: tutti gli ufficiali dovevano lasciare le loro sedi e tornare nei luoghi di nascita mentre i locali di culto e gli immobili delle attività sociali venivano sequestrati. Il movimento di origine anglosassone subiva, e questo ormai da alcuni anni, «l’ostilità latente degli ambienti fascisti e polizieschi, che la protezione britannica non poteva più contrastare»1: una circolare del capo internazionale, generale Carpenter, indirizzata agli ufficiali, che esortava a pregare per la pace, veniva interpretata dal questore in termini di propaganda disfattista organizzata deliberatamente in favore del nemico.
L’Esercito della Salvezza, com’è risaputo, è un’istituzione con sede a Londra, con caratteristiche che suscitavano la diffidenza del regime: l’organizzazione di tipo militare, la sua attività pubblica di evangelizzazione e, non ultimo, la presenza del ministerio femminile, caso unico nelle chiese del tempo.
Molti salutisti furono colpiti: Lombardo, con l’accusa di «disfattismo», venne condannato a cinque anni di confino a Ventotene, di cui scontò 22 mesi; Paglieri e Vinti furono accusati di «sentimenti anglofili» e inviati all’internamento (un provvedimento simile ma da scontare in una località sul Continente, potendo abitare in un’abitazione privata). Paglieri a Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino), dove fu trattenuta fino al gennaio del 1942, e Vinti prima a Montefalco (Perugia) e poi a Saltara (Pesaro), dove poté vivere, sia pure in notevoli ristrettezze economiche, con la moglie Bice e i quattro figli, per essere infine liberato nel novembre 1942. Vi furono poi le giovanissime sorelle Figliola, Antonina e Prospina, di Faeto, inviate nel campo di Mercogliano (Avellino) per nove mesi, come pure l’ufficialessa di quel corpo, Angelica Salvano, che fu tenuta a Bagnoli Irpino per nove mesi. I membri delle comunità non potevano più riunirsi, gli ufficiali dovettero trovarsi un lavoro e gli emeriti si trovarono in grave difficoltà in quanto le loro pensioni non potevano più essere erogate.
Non mancarono episodi di solidarietà da parte delle altre chiese: il pastore Achille Deodato a Napoli iscrisse i salutisti come membri nella chiesa valdese e si occupò anche di altri gruppi; Gustavo Bouchard, pastore a Foggia, per rapporti amichevoli “troppo stretti” con i salutisti fu ripreso sia dalle autorità sia dal moderatore. A Roma molti frequentarono la chiesa metodista episcopale curata dal pastore Anselmo Ammenti.
Con i soldati anglo-americani sbarcati in Sicilia il 10 luglio 1943, era arrivato in Italia il Red Shield, organizzazione salutista che si occupava dell’assistenza ai combattenti: grazie all’opera di questa – e in particolare del brigadiere John Stannard e della moglie Evangeline Wood, i quali, a mano a mano che gli alleati risalivano la penisola, si impegnarono per recuperare e far riaprire i locali, e riprendevano faticosamente i contatti con gli ufficiali che riuscivano a rintracciare – poté ricominciare, sia pure in mezzo a mille difficoltà, l’opera dell’Esercito della Salvezza in Italia.
- G. Rochat, Regime fascista e chiese evangeliche. Direttive e articolazioni del controllo e della repressione, Claudiana, Torino 1990, pp. 303 s.
Per approfondire:
Oltre al volume, fondamentale, di G. Rochat citato, che si occupa della politica del regime fascista verso le chiese evangeliche a partire degli archivi della polizia e dei prefetti: F. Chiarini, Il controllo del regime fascista sull’Esercito della Salvezza secondo le carte della polizia, 1928-1940, “Clio”, XIX, 1 (1985); D. Armistead, Cristiani in divisa. Un secolo di storia dell’Esercito della Salvezza tra gli italiani (1887-1987), Claudiana, Torino 1987; A. Lesignoli, L’Esercito della Salvezza in Italia, Prefazione di P. Ricca, Claudiana, Torino 2007; F. e G.A. Colangelo, L’Esercito della Salvezza tra cronaca e storia (1940-1992), Ed. Noitre, Battipaglia (Sa) 2014.