
Di segni e di visioni. Lorenzo Viani
L’appuntamento di giugno con la rubrica di Riforma fra arte e spiritualità
«Visitando l’opera mia per meglio penetrarne lo spirito, è necessario sapere l’identità effettiva di anima che io sento di avere coi vagabondi, coi déclassé, la comunanza di vita che io ho col popolo, il quale mi espresse dalle sue viscere e da cui non mi separerò mai”.
Lorenzo Viani è un nome di quelli che potresti anche non ricordare. Eppure, è uno degli espressionisti italiani più originali, toccanti, e puri. Toscano, amico di Giacomo Puccini – tra gli altri – una vita breve durante la quale dipinse, scrisse libri e articoli per riviste visionarie, sognò rivoluzioni, incise con il bulino.
Tutto con urgenza, con umanità, senza abbellimenti – resistendo alle sirene del futurismo (ma c’è una sua scultura, Testa Futurista, che Boccioni avrebbe sicuramente approvato), e scavallando presto gli insegnamenti di Giovanni Fattori, che ne era stato il maestro.
La scuola, quella che noi chiamiamo così, Viani non la frequentò mai a lungo: era ribelle a qualsiasi forma di disciplina anche prima di diventare anarchico (e per questo, finire anche un paio di giorni in galera).
Ma la sua disciplina nel lavoro d’arte lo porta a quella che egli stesso chiama una sintesi disperata, con la quale, nella pittura e nell’incisione, insegue la linea pura. E in tutte le sue forme di espressione, la documentazione lucida, quasi crudele, di quel che vede, e sente, vedendolo.
“Famiglia di poveri”, del 1907, urla l’aridità dell’indifferenza degli altri, tratteggia la volontà dolente del padre che vuole dare un futuro al figlio in quella mano enorme che stringe lo sguardo stupito del bambino, piange la speranza sfuggita nel volto invisibile della madre.
È la stessa pietà laica che attraversa tutta la sua opera, con la quale Viani non predica, né spiega, ma afferma la presenza di chi ha scelto di non voltarsi.
Come un Samaritano anarchico, e stanco, ma sempre disposto a riconoscere nell’altro, anche se ferito, o brutto, un frammento dell’umano – in quanto tale portatore del diritto di vita, e di dignità.