Il rischio che una risata seppellisca Donald Trump

L’agguato politico è diventato parte integrante dello stile “diplomatico” di Donald Trump

 

L’agguato politico è diventato parte integrante dello stile «diplomatico» di Donald Trump. Inaugurato lo scorso 28 febbraio con il presidente ucraino Zelensky, questa sciagurata prassi è stata riconfermata in occasione dell’incontro con l’omologo sudafricano Cyril Ramaphosa. Teatro dell’evento, sempre lo studio ovale della Casa Bianca per l’occasione arredato con uno schermo televisivo, elemento mai apparso in precedenza negli incontri ufficiali.

 

I rapporti tra Sudafrica e Stati Uniti sono al minimo storico. A febbraio il presidente statunitense ha firmato un ordine esecutivo di sospensione degli aiuti finanziari a Pretoria: una risposta alla causa per genocidio intentata dal governo Ramaphosa contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia ed una ripicca contro la legge sull’esproprio dei terreni senza compenso che – ha spiegato Ramaphosa- cerca di supplire alle diseguaglianze storiche senza rappresentare nessuna discriminazione razziale. Ancora oggi la minoranza bianca, pari al 7% della popolazione sudafricana, detiene l’80% delle terre produttive. Va ricordato che la nuova legge di riforma agraria consente espropri senza indennizzo quando è nell’interesse pubblico (ad esempio, se i terreni sono incolti), in ogni caso qualsiasi provvedimento è impugnabile in tribunale perché la costituzione arcobaleno garantisce e protegge la proprietà fondiaria.

 

Ma Donald Trump (che continua ad avere come riferimento soltanto il suo elettorato e quindi attento ai vantaggi che può conseguire in casa propria) ha abbracciato la teoria del complotto un tempo marginale ma tornata in grande spolvero sulle chat di estrema destra da almeno un decennio, rilanciata da Elon Musk, il suo «consigliere» nato proprio in Sudafrica. Secondo i suprematisti, nella Nazione Arcobaleno è in corso un genocidio e persecuzioni contro la minoranza degli agricoltori bianchi, vittime di espropriazioni illegittime. Una situazione talmente grave che ha indotto Trump ad offrire rifugio negli Stati Uniti alla minoranza bianca ed espellere l’ambasciatore sudafricano.

 

E così a favore delle telecamere nello studio ovale è cominciato lo show. Privo di qualsiasi tatto diplomatico, Trump ha attaccato Ramaphosa a testa bassa: «Lei è rispettato in alcuni circoli, ma in altri un po’ meno perché è ritenuto controverso». Il presidente sudafricano lo ha rintuzzato con umorismo rispondendo «Siamo tutti così», alludendo all’impopolarità di Trump.

 

Donald ha parlato di famiglie di agricoltori bianchi in fuga e accolte negli Stati Uniti. L’abile Ramaphosa smentendo queste affermazioni ha scherzato: «Mi spiace di non avere un aereo da regalarti», alludendo al dono del Qatar ma anche alla scarsa sensibilità del suo collega al tema dei diritti umani nel paese del Golfo o in Arabia Saudita. Il presidente sudafricano ha mantenuto la calma di fronte alla violenza degli attacchi elogiando ironicamente l’arredamento della sala ovale che di recente Trump ha fatto decorare con pacchiani accessori dorati: insomma il diretto riferimento al cattivo gusto architettonico per evidenziarne quello politico.

 

Trump ha continuato lo spettacolino facendo proiettare sullo schermo a favore dei giornalisti le immagini di presunte tombe di agricoltori bianchi e di Julius Malema, un Salvini in salsa sudafricana, a capo di un partito populista ed estremista, che nel 2020 cantava “Uccidi il boero”. Insomma, un brutto spettacolo che forse non ha mancato di creare imbarazzi tra gli stessi trumpiani di fronte alle cifre illustrate da Ramaphosa. Nel 2024 la polizia sudafricana ha registrato 26.232 omicidi, di cui 44 legati alle comunità agricole, otto di queste vittime erano agricoltori. Nessun genocidio in corso, accuse senza nessun fondamento sciorinate nel corso di un evento studiato anche nei minimi dettagli scenografici, compresi giornali sfogliati enfaticamente e mostrati a Ramaphosa come prove inoppugnabili.

 

Eppure, il presidente ed ex braccio destro di Mandela era a Washington per discutere temi importantissimi: minerali essenziali verso cui gli Stati Uniti hanno mostrato interesse custoditi nel sottosuolo sudafricano, una proposta commerciale e di investimento che includeva l’acquisto di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti. Gli Usa sono il secondo partner commerciale del Sudafrica e sul tavolo c’era anche la partecipazione di Trump alla riunione del G20 in agenda a novembre nella nazione arcobaleno. Tanta carne al fuoco che rischia di andare miseramente carbonizzata mentre incombe l’amara risata che rischia di seppellire un presidente che sempre più somiglia ad un pessimo attore di narrazioni horror.