Legge sulla caccia. Quanto ci piace sparare?

Un commento della coordinatrice della Commissione globalizzazione e ambiente  della Federazione delle chiese evangeliche in Italia sulla bozza di Disegno di Legge

 

Abbiamo chiesto a Maria Elena Lacquaniti, coordinatrice della Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) nonché Ambasciatrice di pace dell’UCEBI (Unione cristiana evangelica battista d’Italia), di commentare il disegno di legge sulla caccia che andrebbe a cambiare la normativa vigente.

Numerose le criticità contenute nel nuovo testo, contestato da molte organizzazioni. Lo stravolgimento del ruolo della caccia, che da attività ludica diventerebbe per legge una pratica di “tutela della biodiversità”, nonostante i suoi impatti negativi sull’ambiente, è uno dei punti più discussi. Poi, espansione delle aree di caccia anche in aree protette, aumento esponenziale di specie catturabili, con rischi sui controlli e di bracconaggio. Molto grave è percepito anche il via libera alla caccia in aree demaniali (spiagge, foreste), così come la cancellazione dei limiti alla costruzione di appostamenti fissi, con conseguenze su turismo e sicurezza. L’assenza di regole nelle aree private e le licenze concesse anche a stranieri senza formazione obbligatoria, la caccia dopo il tramonto e su terreni innevati, con rischio per fauna e pubblica sicurezza, completano il quadro.

 

Ecco il suo contributo.

 


 

Il 3 giugno del 1990 si svolse il referendum abrogativo contro la caccia. Fu un successo di SÌ, più del 90%, ma non si raggiunse il quorum. All’epoca la caccia era ancora molto esercitata, eppure con questo voto fu chiaro che molti figli maschi rifiutavano il passaggio di consegne del fucile paterno perché una nuova cultura cresceva, la cultura ambientalista, e molti giovani non erano più interessati o si sentivano a disagio nel praticare un hobby così cruento.  Nonostante l’esito negativo del referendum, la legge 157 dell’11 febbraio 1992 sanciva, con norme per la tutela della fauna selvatica, consistenti restrizioni in materia venatoria. Fu la prima legge italiana che regolamentava la caccia, rivista negli anni anche in osservanza delle normative europee, ma sempre a tutela della vita animale e della biodiversità. Il testo di modifica della 157/92 inserito nella legge di bilancio 2025 è stato approvato con 112 voti favorevoli e c’è chi spinge affinché questo diventi legge entro la prossima stagione venatoria. Non per amore verso l’ambiente:

 

  • Le specie che potranno essere catturate vive e utilizzate come richiami passano da 7 a 47. Lasciando intendere così che ogni specie volatile potrà essere cacciata.
  • Sarà lecito cacciare seguendo le impronte dell’animale su pista innevata, così come dopo il tramonto, quando gli stessi ritornano ai nidi e quando quelli di grossa taglia escono per gli approvvigionamenti.
  • Sarà possibile cacciare in zone demaniali, che siano spiagge, boschi, foreste.
  • Viene esteso il periodo di caccia sforando il mese di febbraio, per entrare appieno nel periodo delle nidificazioni e migrazioni prenunziali.
  • Le guardie giurate di banche e supermercati potranno uccidere animali.
  • Gli imprenditori agricoli potranno svolgere attività di controllo sui cinghiali, purché muniti di licenza di caccia, e trattenere gli animali abbattuti a titolo di risarcimento dei danni subiti.
  • Sarà inflitta una sanzione da 900,00€ per chi protesta.

 

C’è tanto altro, ancora, ma già questo basta a comprendere a quale deriva culturale può condurre la modifica della legge 157/92 in termini di violenza e passione per le armi. Quanto sopra va in contrasto con le direttive europee, anche se c’è da constatare che precedentemente a questa votazione il Parlamento Europeo ha modificato lo “status del lupo”, passando da “strettamente protetto” a “protetto”, lasciando leggere tra le righe quel che verrà autorizzato all’interno delle aree private, dove il fenomeno della presenza di animali selvatici è visto come una preoccupazione umana e non come un problema legato al restringimento delle aree libere per la loro sopravvivenza. I maggiori esponenti dell’associazionismo ambientalista denunciano una chiara genuflessione del Governo al lobbismo venatorio.

 

Effettivamente una veloce panoramica su esponenti di FdI porta a due nomi particolarmente legati alla caccia e alle armi, oggi parlamentari europei. Sergio Berlato, già presidente dei cacciatori veneti, e Pietro Fiocchi, produttore di munizioni. Del primo, eletto per la quarta volta al Parlamento Europeo e attualmente membro titolare della commissione ambiente, sanità pubblica, sicurezza alimentare e caccia, si possono leggere gli interventi sul portale dei conservatori e riformisti europei: contro il ripopolamento delle specie selvatiche, lupi e orsi, derisione dell’impatto antropico sui cambiamenti climatici e accuse all’ambientalismo. Del secondo, oggi vice presidente nella stessa commissione di Berlato, basterebbe solo citare il manifesto elettorale che lo vede imbracciare il fucile da caccia mimando l’atto di colpire un bersaglio, ma non sfugge che Fiocchi è stato presidente dell’omonima azienda italiana di munizioni ben presente nel mercato americano. A conclusione di questa panoramica non posso non citare un’altra modifica di legge in corso, quella alla legge 185/90, che è ormai alle fasi finali di approvazione. Una legge che così modificata aprirà il fianco al commercio internazionale delle armi, rendendo lecito ciò che ora è vietato: vendita indiscriminata di armamenti, senza più il vincolo della dichiarazione ufficiale e palese del venduto e dei destinatari (ora non è possibile vendere a paesi belligeranti).

 

Riparte alla Camera la modifica (in peggio) della Legge 185/90 su export di armi, continua la mobilitazione contro nuovi favori agli interessi armati – Controllo export armi

 

Il filo tra le due modifiche in corso è sottile, ma non invisibile, le armi piacciono. Piacciono al cittadino qualunque perché le percepisce come una protezione, piacciono al potere perché portano denaro.

Nel 2024 Banca Intesa ha fatto un bel regalo ai deputati: “condizioni economiche agevolate” previste dalla “Convenzione Camera dei Deputati”: tasso d’interesse del 5,62% sulla liquidità detenuta sul conto corrente. È possibile che ai nostri deputati sia sfuggito che Banca Intesa è, insieme a UNICREDIT, la banca più armata in Italia? Oltre venti miliardi di euro è stato il fatturato dell’industria bellica nel 2023, con un incremento del 9% nel 2024 e una previsione al 12% del 2025. Due le aziende italiane ai vertici della classifica mondiale, Leonardo e Fincantieri. Anche l’export delle armi e munizioni per uso civile è saltato a +68% negli ultimi cinque anni, quindi, sparare ci piace!

Maria Elena Lacquaniti

 


 

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