
Definitiva condanna alla boss che aggredì giornalista Maria Grazia Mazzola
La giornalista, da trent’anni cronista storica della prima testata Rai, fu aggredita e colpita al volto con un pugno dalla donna
Confermata ieri in Cassazione la condanna con aggravante mafiosa a un anno e quattro mesi di reclusione a Monica Laera, esponente del clan Strisciuglio. Il 9 febbraio 2018, Laera aveva aggredito l’inviata speciale del Tg1, Maria Grazia Mazzola. Si legge sul sito dell’Ordine dei Giornalisti: “La giornalista, da trent’anni cronista storica della prima testata Rai, fu aggredita e colpita al volto con un pugno dalla donna perché poneva domande sul marito Lorenzo Caldarola, detenuto, e sul loro figlio Ivan, mentre realizzava interviste per uno speciale dedicato ai giovani e alle mafie”. Laera, già condannata in Cassazione per 416 bis (associazione mafiosa), è stata condannata in primo grado e secondo grado a un anno e quattro mesi di reclusione per l’aggressione alla giornalista con l’aggravante mafiosa, lesioni e minacce di morte. Ieri, la sentenza definitiva. La suprema corte ha infatti respinto il ricorso dei legali di Laera che chiedevano l’annullamento della sentenza.
Alla conferma della condanna, a fianco della giornalista, il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli, il Segretario Nazionale Usigrai Daniele Macheda, la Segretaria dell’Ordine Giornalisti Lazio Serena Bortone, le avvocate della giornalista Caterina Malavenda e Antonella Bello; l’avvocato Antonino Feroleto di Associazione stampa romana; l’avvocato Nicola De Fuoco dello studio legale Sisto per l’FNSI, l’avvocata Enza Rando parte civile di Libera contro le mafie e Chiara Lonero Baldassarra e Camilla Caporusso, avvocate del Comune di Bari. “La procuratrice generale ha chiesto il rigetto del ricorso presentato dalla donna protagonista dell’aggressione” scrive l’agenzia Dire, e ha chiesto la conferma della sentenza di appello.
La Rai si è costituita parte civile, come anche l’Ordine Nazionale dei Giornalisti, l’FNSI, Libera contro le mafie, l’Associazione Stampa Romana e il Comune di Bari.
Le due sentenze di primo e secondo grado avevano già condannato Laera a un anno e quattro mesi (pena scontata di un terzo, la Procura aveva chiesto tre anni) per aggressione fisica con l’aggravante mafiosa, minacce di morte e lesioni. “I giudici hanno ribadito la correttezza dell’operato di Mazzola che ha esercitato il suo diritto-dovere di informare i cittadini nel quartiere Libertà, controllato dal clan Strisciuglio inquadrando la dinamica nella ritorsione mafiosa. Il 9 febbraio 2018 il TG1 delle 20 fu aperto proprio con la notizia e le immagini dell’aggressione subita da Mazzola, ricevendo la solidarietà delle più alte cariche dello Stato” scrive ancora l’agenzia.
“Grazie a tutte le parti civili – ha dichiarato Mazzola al termine dell’udienza -, alle mie avvocate, a Libera, all’Ordine dei giornalisti, a tutte e a tutti per il fortissimo impegno”.
La giornalista Maria Grazia Mazzola è fortemente attiva sia sul fronte della lotta alle mafie sia su quello dell’impegno umanitario e civile. Ricordiamo la sua presenza alla recente missione di evacuazione medica dalla Striscia di Gaza coordinata dal Dipartimento della Protezione Civile, con Aeronautica Militare, Croce Rossa, ambasciate italiane al Cairo e a Tel Aviv e altri partner, che ha portato in salvo bambini palestinesi con le loro famiglie.
Fra i suoi ultimi lavori, Sopravvissute, lo Speciale Tg1 di Maria Grazia Mazzola che racconta fra l’altro la storia di Sediqa Moshtaq, attivista per i diritti umani dell’Afghanistan Women Political Partecipation Network di Kabul, oggi operatrice sociosanitaria. Moshtaq è stata accolta e sostenuta nell’ambito di un progetto della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) in collaborazione con la Chiesa battista di Roma-Trastevere. Lo Speciale parla anche di Sadaf Baghbani, iraniana, attrice e attivista del Movimento ‘Donna, Vita, Libertà’, fuggita dopo essere stata colpita da 156 pallini di piombo dalla polizia morale iraniana. E di Giorgia Puleo, italiana, sopravvissuta a venti anni di umiliazioni, privazioni e minacce da parte dell’ex compagno.
Mazzola, oltre a essere giornalista professionista, si definisce cristiana protestante ecumenica. Negli anni di attesa, Mazzola ha ricevuto la solidarietà e la vicinanza di colleghi, istituzioni, associazioni e organismi laici e religiosi, fra cui FCEI e Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI).
Nel 2021, dopo la sentenza di appello che già condannava la Laera, Mazzola aveva dedicato la vittoria “ai miei colleghi assassinati, traditi, lasciati soli mentre scoprivano la corruzione in Europa. Alle loro famiglie inconsolabili, l’abbraccio di tutti noi. Al giornalista investigativo slovacco Jan Kuciak e alla sua compagna Martina Kusnirova assassinati, in attesa di giustizia. Alla cara collega investigativa patriota di Malta, Daphne Caruana Galizia, trucidata con un’autobomba a Malta, in attesa di verità e giustizia. Uccisi perché loro denunciavano ed altri tradivano il Paese. Prima ti isolano, poi ti denigrano, ti minacciano e infine ti uccidono. Colleghi, sempre scolpiti nelle mie inchieste e nel mio cuore” aveva dichiarato la stessa Mazzola.