
A Torino “Fermiamo l’odio, aiutiamo i costruttori di pace”
Aiutiamo e ascoltiamo i costruttori di pace. Ieri nella prestigiosa sede di Palazzo Civico un importante incontro per parlare della tragedia israelo-palestinese
Si è tenuto ieri a Torino presso la Sala Colonne di Palazzo Civico di Torino l’incontro promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e dal Centro studi Confronti (per la tappa torinese con il Comitato Interfedi e la Chiesa valdese cittadina con il suo Concistoro), realizzato nell’ambito del progetto «Fermiamo l’odio – aiutiamo i costruttori di pace» della Fcei.
Dopo i saluti istituzionali di Lorenza Patriarca, consigliera Comune di Torino, del già sindaco Valentino Castellani fondatore del Comitato Interfedi e del direttore della rivista Confronti Claudio Paravati (che ha moderato l’incontro e accompagnato la delegazione israelo-palestinese), le attese testimonianze di Musa Joma e Yonatan Zeigen dell’associazione Parents Circle (Families Forum), l’organizzazione israeliano-palestinese che riunisce più di settecento famiglie che hanno perso un familiare a causa del conflitto e che ha come obiettivo promuovere il dialogo, la tolleranza e la riconciliazione tra le due popolazioni attraverso attività di contrasto all’odio e la testimonianza in pubblico e attraverso i media.
Le testimonianze sono state come sempre accade forti, motivate, ponderate, e allo tesso tempo tragiche ed emotivamente difficili da ascoltare, soprattutto dopo il sette ottobre, data nefasta che ha fatto cadere in un baratro senza fine le due popolazioni in conflitto e dato un’impennata senza precedenti alle morti, ai feriti, alla disperazione.
Musa Joma, medico e scrittore nato a Gerusalemme, ha perso numerosi familiari nel conflitto a Gaza (più di trenta ha ricordato ieri) e a partire da quel dolore, ha scelto di unirsi al Parents Circle – Families Forum, per impegnarsi nella costruzione della pace e della giustizia attraverso il dialogo.
Oltre alle perdite affettive, Joma si è però soffermato sulla figura della sua nipotina di nove anni: colei che è stata capace di indicare al medico una via diversa, la voglia di «non posare più fiori sulle tombe dei morti ma di donarli alle persone in vita, alla moglie», come la piccola aveva consigliato di fare. Dunque, di guardare al presente per costruire il futuro. Il rancore e l’attaccamento al dolore non aiutano la speranza, non aprono alla riconciliazione, malgrado il dolore sia spesso insostenibile e intollerabile. Oggi, 15 maggio, i palestinesi ricordano la loro Naqba, la loro catastrofe.
Yonatan Zeigen, assistente sociale e mediatore, è figlio di Vivian Silver, nota attivista israeliana per la pace uccisa il 7 ottobre nel kibbutz Be’eri. A essere colpiti quel sette ottobre, proprio coloro che più s’impegnavano per il dialogo, per la pace, per la riconciliazione, per la giustizia e la dignità umana.
Dopo quel dolore, ha detto: «ho deciso di proseguire l’impegno di mia madre, oggi sono entrato nel direttivo dell’organizzazione, mi dedico anima e corpo alla riconciliazione tra israeliani e palestinesi. Cerco di esportare il buon esempio del dialogo, della pace. Cerco di importare nelle nostre terre ciò che raccogliamo da persone come voi, che hanno deciso meritoriamente di venire ad ascoltare altre persone che arrivano da lontano per raccontare la loro tragedia. Quando ci chiedete cosa possiamo fare – ha proseguito –, vi dico che già solo esserci, come avete fatto voi oggi, aver avuto la voglia di ascoltare, dimostra il vostro impegno per la pace. E questo vostro atteggiamento è già un antidoto contro il rancore e le polarizzazioni».
Entrambi, segnati dal lutto, hanno scelto di non cedere all’odio, ma di costruire ponti dove la violenza ha lasciato ferite.
«Oggi è stata un’occasione per riflettere sul coraggio di chi, pur avendo perso tanto, ha deciso di non restare prigioniero dell’odio, ma di scegliere la via del dialogo», ha ricordato Libero Ciuffreda, membro del Consiglio Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), medico, ricordando l’importanza di sostenere il progetto Fcei e soprattutto l’impegno preso per sostenere l’Ahli Arab Hospital di Gaza City, al quale sono già stati spediti trentamila euro (clicca qui per sostenere l’iniziativa