
Dio e le sue variegate forme di amore
Uno sguardo verso il 17 maggio, Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia
l 17 maggio ricorre la Giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia. Una sigla che si è allungata nel corso degli anni per fare spazio al crescente e variegato modo con cui la paura continua a generarsi, ad attaccare determinati soggetti e identità, specifiche forme di amore e di corpi. Una sigla che si allarga per riconoscere le varietà di fobie che abitano i nostri spazi, così come dovrebbe allargarsi l’impegno di ogni credente, ogni membro di chiesa per contrastarle.
Innanzitutto, per una questione di memoria, poiché il 17 maggio 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità cancellò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali: non era più un errore da correggere o una malattia da curare. L’omosessualità (purtroppo solo lei) veniva riconosciuta come patrimonio identitario di un soggetto. E ricordarlo implica non ignorare la facilità con cui le diversità vengono ridotte a qualcosa di “sbagliato”, di eretico, che va riportato alla normalità o emarginato. Si tratta di un’azione di vigilanza che, come chiese, siamo chiamate ad operare con sempre maggiore attenzione, a partire dalle parole usate per predicare, per dire Dio e per costruire gli spazi e le relazioni nelle nostre comunità.
In un tempo in cui tornano con forza forme di nazionalismi di estrema destra, forme di fascismo esplicite, in cui sentiamo abusare della Parola biblica come giustificazione a un determinato modello di relazione, di identità di genere, di leadership e di amore, forse come Chiesa dobbiamo riscoprire il coraggio avuto in altre occasioni, come quello del Sinodo del 2010 che approvò la possibilità di benedizione di coppie dello stesso sesso, quando nemmeno lo stato ne riconosceva l’esistenza. Oggi più che mai occorre prendere parte alle lotte di quei soggetti che sono silenziati, private dei diritti, bullizzati o picchiate nei luoghi pubblici. Ed è necessario farlo innanzitutto nel confronto con le parole delle Scritture, sapendo spezzare ogni forma di assolutismo, di verità certa o di interpretazione incrollabile. Vegliando davanti alle frasi come “ma la Bibbia dice che…”, “maschio e femmina Dio li creò”, “la famiglia è..”. Quelle frasi che possono sembrarci banali o ignoranti, a cui non vogliamo dare peso, ma che invece sono il germe di quella paura dilagante. In secondo luogo credo che siamo chiamati a fare nostra l’azione scandalosa di Gesù Cristo, che si rivolse primariamente a chi era scartato nella società.
Attraverso le sue parole e i suoi gesti Cristo ha liberato Dio dalle gabbie in cui la religiosità e la Legge del tempo lo avevano ridotto e addomesticato. Una liberazione che non passava solo dalle parole, ma spesso anche dalle azioni pubbliche. Forse oggi, che ogni nostra azione può essere sottoposta a critica, a messa in dubbio o può operare divisione, riemerge una qualche forma atavica di paura all’esporci pubblicamente su tematiche come la discriminazione in base all’orientamento sessuale o all’identità di genere. Eppure è oggi che dobbiamo essere anticorpo, liberare il Dio costretto nelle gabbie del colonialismo bianco, della supremazia maschile, dell’ideologia eterosessista e patriarcale.
In un tempo dove è la paura a schiacciare con violenza le varie forme di amore o a rinnegare i legami di famigliarità occorre, con urgenza, riscoprire la fede in un Dio che è TRANS-amore, dove trans significa “che attraversa”. Dio attraversa non solo i tempi, gli spazi e le chiese, ma anche le forme di amore più o meno convenzionali. Dio attraversa e supera i generi, creando forme di famigliarità e parentele che superano le linee di sangue. È di quel Dio che siamo testimoni, come singoli e singole e come chiese; è quel Dio che ci chiama a combattere ogni forma di fobia, soprattutto verso le Sue variegate forme di amore. Oggi possiamo scegliere se essere parte di un progetto teologico di parole e azioni che sia vigile antidoto a pensare che le cose si siano risolte, o che non ci interessino.
Possiamo denunciare e mettere in luce come le paure siano tornate, le violenze si siano diversificate, ma ciò che è rimasto è il variegato e largo amore di un Dio che attraversa e vive le differenze, proprio quelle che nel mondo generano paura invece di creare fratellanza, sorellanza e costruire alleanze.