Roma. Fedi disarmanti e disarmate

Nell’incontro promosso dalla chiesa metodista con Cipax, Glam e Consulta delle chiese evangeliche, tanti spunti di riflessione

 

Un caso o una forte sollecitazione dello Spirito?

Venerdì 9 maggio presso la chiesa metodista di Roma fratelli e sorelle di varie fedi si sono incontrati per un momento di spiritualità condivisa organizzato dalla chiesa metodista di via XX settembre, dal Cipax (Centro interconfessionale per la pace), dalla Glam (Commissione globalizzazione e ambiente della Fcei) e dalla Consulta delle chiese evangeliche di Roma.

 

Partendo dal documento proposto, alcune settimane fa, dalla Glam e dal Cipax, Le fedi disarmate, le differenti letture proposte, “camminavano” nella stessa direzione dell’annuncio «pace disarmata e disarmante» pronunciato qualche ore prima da piazza san Pietro [dal neoeletto papa Leone XIV, ndr].

 

Lo Spirito ci sta invitando non solo alla costruzione della pace nelle nostre relazioni personali, ma anche a un impegno a costruire relazioni sociali e politiche che portino a nuove dinamiche di pace, costruite sulla giustizia tra i popoli e le nazioni.

Sono stati proposti, ascoltati e pregati brani diversificati come la recente lettera pastorale dei vescovi metodisti americani, letta dalla pastora della chiesa metodista Mirella Manocchio, che invita a soffermarci su giustizia, dignità e protezione per ogni creatura. Amare, servire e guidare per la convivenza fraterna e giusta tra popoli e persone.

 

Lo sguardo non si è focalizzato su una priorità o su un solo territorio violentato dalle armi. Tutte le azioni militari, le guerre, le violenze sono uguali: annientare l’altro per i più svariati motivi, economici e di conquista in primis. L’economia è sempre alla base delle ingiustizie, della non pace, della non giustizia.

Non pace sollecitata anche dall’ascolto di un brano di Gino Strada: «Chi ricorda “la guerra per far finire tutte le guerre” del presidente Wilson? Era il 1916. La guerra, anche quella che si invoca o si fa per portare fine ad altre atrocità, per far finire tutte le guerre, non può funzionare perché è di per se antitetica alle ragioni che la sostengono: la guerra è la negazione di ogni diritto».

 

Molte riflessioni hanno posto l’accento sull’abituarsi alla guerra, alle guerre, ma mai ci abituiamo alla pace. Mai ci abituiamo a costruire ponti di giustizia. Ri-osare la pace nel nostro quotidiano, per modificare le nostre dinamiche educative, politiche e sociali.

Eric Luzzetti, degli ambasciatori e ambasciatrici di pace dell’Ucebi, ha richiamato, grazie a un articolo di Natalia Ginzburg del 1984, una società giusta che si costruisce dall’onestà dei cittadini, ma soprattutto dei politici. Ginzburg sollecita il cambiamento richiesto ai politici. Si è pensato che servissero altre qualità, ma non più l’onestà, che è data per acquisita. Invece…

 

Al termine dell’incontro Maria Elena Lacquaniti ha proposto un monologo, riadattato da un articolo della giornalista palestinese Susan Abulhawa, con un’interpretazione personale, introspettiva, riflessiva descrivendo la situazione a Gaza tra fame, mancanza d’acqua, aria irrespirabile per i combustibili usati, che si attaccano ai corpi, e desolazione ambientale. Monologo che ha chiuso la serata con le parole «Tu, Israele, oggi hai perso la memoria». La memoria è la chiave per comunicare, testimoniare, formare, animarci per rendere la pace possibile, per osare oggi la pace, per gridare la giustizia, per costruire relazioni fondate sulla pace disarmata e disarmante da parte di fedi, di credenti disarmati.

 

 

 

Nella foto la pastora Mirella Manocchio