Le sfide per il nuovo papa

L’elezione del cardinale Prevost, papa Leone XIV, seguita nella Sala stampa del Vaticano da un teologo battista americano

 

È stata un’esperienza entusiasmante, in quanto teologo battista statunitense, lavorare come giornalista che ha seguito a Roma il conclave che ha eletto papa Leone XIV.

 

Sono arrivato a Roma il 4 maggio, mentre i cardinali erano impegnati nelle loro congregazioni quotidiane. In quegli incontri quotidiani, iniziati il giorno dopo i funerali di papa Francesco e proseguiti per tutto il giorno prima del conclave, i cardinali hanno offerto testimonianze delle esperienze della loro Chiesa nei luoghi in cui prestavano servizio, hanno condiviso prospettive sulle sfide che la Chiesa cattolica si trova ad affrontare e hanno espresso opinioni sulle qualità che desideravano nel futuro papa.

 

I giornalisti non hanno potuto partecipare a queste congregazioni, ma il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, è intervenuto ogni giorno alle conferenze stampa per riassumere quanto discusso nelle riunioni quotidiane. Ecco alcuni degli aspetti chiave che mi sembrano importanti per comprendere il modo in cui i cardinali stavano pensando il loro ingresso in conclave.

 

I cardinali hanno parlato delle qualità che il futuro papa doveva possedere. Come ha riassunto il direttore stampa Bruni, hanno affermato che il Papa doveva essere «una figura presente, vicina, capace di essere ponte e guida… favorendo l’accesso alla comunione per un’umanità disorientata e segnata dalla crisi dell’ordine mondiale; un pastore vicino alla vita reale delle persone». Hanno inoltre sottolineato che il Papa doveva essere un “vero pastore” in grado di “andare oltre i confini della Chiesa cattolica” per promuovere il dialogo e costruire relazioni con persone appartenenti ad altre tradizioni e culture religiose.

 

Diversi cardinali hanno menzionato la missione della Chiesa, che deve accogliere l’amore come elemento centrale nell’adempimento della sua vocazione a portare soccorso, difendere i poveri e testimoniare la giustizia del Vangelo. L’hanno definita come una Chiesa missionaria che «non deve chiudersi in sé stessa, ma accompagnare ogni uomo e ogni donna verso l’esperienza viva del mistero di Dio».

Tra le sfide che la Chiesa cattolica deve affrontare ci sono la cura del Creato, la guerra e le migrazioni. Hanno parlato dei migranti come «un dono per la Chiesa» e dell’urgenza del compito della Chiesa di accompagnarli e sostenere la loro fede durante i loro viaggi e nei paesi di arrivo.

 

Ci sono state segnalazioni secondo cui un cardinale ha messo in discussione alcuni aspetti dell’appello di papa Francesco a una chiesa “sinodale”, nel senso di una chiesa in cui tutti i suoi membri, e non solo il clero e la gerarchia ecclesiastica, «camminino insieme sulla strada» verso le intenzioni di Dio per la Chiesa e il mondo, ma altri cardinali hanno confermato questa enfasi. Questa domanda incombeva sul conclave: il successore di papa Francesco continuerà e metterà in pratica questa enfasi sulla chiesa come comunione di discernimento che ascolta tutte le voci e invita tutti a camminare insieme, o incoraggerà altre direzioni?

 

I cardinali hanno iniziato le votazioni mercoledì pomeriggio e verso le ore 21 abbiamo visto del fumo nero a indicare che non avevano ancora eletto un papa. Giovedì alle 18,08 ero nella sala stampa della Santa Sede, a seguire sui monitor la chimney camera (la telecamera puntata sul camino per seguire l’esito degli scrutini per l’elezione del nuovo papa, ndr). Avevo appena notato un paio di gabbiani con uno piccolo appollaiato accanto al camino sul tetto della Cappella Sistina e avevo scattato una foto da inviare a mia moglie, quando dal camino si è alzata una colonna di fumo bianco, tra applausi scroscianti in sala stampa e nella piazza antistante. Un’ora dopo abbiamo appreso che Robert Prevost, 69 anni, nato a Chicago, cardinale prefetto del Dicastero per i Vescovi e con precedenti incarichi ministeriali in Perù, culminati con l’incarico di arcivescovo, era stato eletto e aveva assunto il nome papale di Leone XIV.

 

Quel nome segnava la continuità con papa Francesco. Leone XIII, che fu papa dal 1878 al 1903, lanciò quella che oggi è definita “Dottrina sociale cattolica” con la sua enciclica Rerum Novarum del 1891, che fu una risposta al modo in cui la rivoluzione industriale stava danneggiando le persone. Nella sua ultima enciclica, pubblicata nell’ottobre 2024, papa Francesco si ricollegò a Leone XIII in una frase cruciale dell’enciclica: «Come ha sottolineato il mio predecessore Leone XIII, attraverso l’immagine del suo Sacro Cuore, l’amore di Cristo “ci spinge a ricambiare amore per amore”».

 

Il legame con l’eredità di Leone XIII, rappresentato dalla scelta del nome da parte del nuovo papa, unito all’eco, nel suo primo discorso dal balcone, dell’incoraggiamento di Francesco a una comunicazione che mira a «costruire ponti dove molti costruiscono muri», è stato il modo del nuovo papa di identificarsi con le enfasi di Francesco senza dichiararlo esplicitamente. Ha anche affermato che la Chiesa dovrebbe essere “sinodale” e ha ripetutamente usato la parola “tutti”, una delle parole preferite di Francesco, per comunicare l’inclusività del Vangelo.

Il modo in cui papa Leone XIV seguirà Francesco non è ancora noto, ma la sua intenzione di farlo è chiaramente annunciata. Se lo farà, ne trarranno beneficio non solo i cattolici, ma tutti i cristiani e tutti i popoli. Spero che aiuterà anche i cristiani americani ad affrontare le ingiustizie commesse dall’attuale amministrazione degli Stati Uniti.

 

 

Steva Harmon è professore di Teologia storica presso la Gardner-Webb University School of Divinity, a Boiling Springs (Carolina del Nord, USA), ha seguito i lavori del conclave come corrispondente di Good Faith Media (nata nel 2020 dalla fusione tra due storiche entità battiste: Baptists Today e Baptist Center for Ethics).