Nella pace e nel dialogo le premesse di un pontificato di continuità

Le parole del presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia sull’elezione di Leone XIV

 

Pubblichiamo in anteprima una trascrizione dell’intervista radiofonica al professor Daniele Garrone, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), sull’elezione di papa Leone XIV. L’intervista completa va in onda domenica 11 maggio, nel corso del programma di RAI Radio1 “Culto evangelico“, ore 6.35, in streaming su RAIPlay Sound.


 

Un papa statunitense, il cardinale Robert Francis Prevost. Professor Garrone, se lo aspettava? 

No, e non soltanto per la sua nazionalità. Prevost ha comunque una biografia interessante perché in essa si intersecano le due Americhe, quella del Nord e quella del Sud, gli Stati Uniti e il Perù, i due stati di cui è cittadino.

 

Per ogni papa sono importanti le prime parole che pronuncia in piazza San Pietro dopo l’elezione. Come giudica il primo discorso di papa Prevost, cosa l’ha colpita?

Mi ha colpito il suo saluto iniziale nel quale ha ripreso il saluto del Cristo risorto, il richiamo alla pace di Cristo risorto, “disarmata e disarmante”. Poi ha richiamato Agostino, ricordando di essere lui stesso un monaco agostiniano. La teologia di Agostino ha certamente un’eredità ecumenica; potremmo subito pensare a Luteroche era lui stesso monaco agostiniano. Mi ha colpito anche come abbia fortemente sottolineato il ruolo di papa Francesco, il suo predecessore, anche nell’invito a costruire ponti e a favorire il dialogo. Perciò la prima impressione è che il suo esordio non sembri preludere a una discontinuità con il suo predecessore, discontinuità che dentro e fuori la chiesa alcuni auspicavano e altri temevano. Dobbiamo aspettare per vedere come profilerà questa continuità che comunque mi sembra di cogliere.

 

Il nuovo papa ha scelto il nome di Leone XIV. È un buon segno, un cattivo segno?

Confesso che avrei la curiosità di chiedere al cardinale Prevost medesimo perché ha scelto questo nome. Il primo riferimento che è venuto in mente è a Leone XIII, il papa che succedette a Pio IX e che ebbe un ruolo rilevante nell’apertura della Chiesa di Roma alla questione sociale con la famosa enciclica Rerum Novarum in cui si apriva alla modernità e cercava una strada diversa tra, e in parte anche contro, il socialismo e il capitalismo considerati due estremi. Fu anche il primo pontefice a svolgere il suo ministero senza esercitare il potere temporale che aveva caratterizzato fino a quel momento il papato. Non credo che il richiamo sia a Leone X, il papa che scomunicò Lutero, però si potrebbe pensare a Leone I, detto Magno, che fu teologo e pastore oltre che papa, al quale tra l’altro si attribuisce di avere fermato, disarmato, prima gli unni di Attila e poi i vandali alle porte di Roma nel 452 e nel 455. Qualcuno ricorda anche che il fido compagno di Francesco d’Assisi si chiamava Leone. Insomma, dietro un nome si celano molte cose, in una storia così lunga.

 

Cosa ritiene ci si possa aspettare da papa Prevost da un punto di vista ecumenico?

Anche qui vedremo, ma penso che il riferimento ai ponti da costruire, al dialogo da continuare e alimentare implichino anche per lui la dimensione ecumenica e il dialogo tra confessioni cristiane diverse. Penso che anche qui ci possa essere continuità. Tra l’altro, nel motto episcopale di Prevost c’è una frase di Agostino che richiama l’essere tutti uniti in Colui che è uno, cioè Cristo (“In Illo unum uno“). Mi sembra un richiamo esplicito alla sfida ecumenica per eccellenza che è quella dell’unità nella diversità. Essere uniti non perché si è tutti uguali, ma perché si è tutti nell’unico Cristo.

 

 

Foto wiki commons https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Piazza_San_Pietro,_Citta_del_Vaticano.jpg