Non essere indifferenti

Speciale 80 anni dalla Liberazione. Intervista alle nuove generazioni

 

È in distribuzione in tutto il territorio del pinerolese nell’area sud della provincia di Torino (lo trovate in centinaia di luoghi pubblici, dalle biblioteche ai negozi) il numero di aprile del mensile free press L’Eco delle valli valdesi che potete leggere integralmente anche dal nostro sito, dalla home page di di www.riforma.it.Il numero è pressoché interamente dedicato agli 80 anni dalla Liberazione dal regime nazifascista. 

 

 

Incontriamo, negli studi di Radio Beckwith evangelica il volto più giovane dell’Anpi (Val Pellice e Pinerolo). Le voci con cui ci siamo confrontati a 360° sulla Resistenza e sull’attualità sono state quelle di Marie, Daniele, Monica e Arcadia.

 

– Prima di entrare in questioni specifiche, come vi siete avvicinati all’Associazione?

«Per molti di noi è stata la famiglia a giocare un ruolo determinante; poi, la scuola che ci ha fornito l’opportunità di conoscere alcuni testimoni diretti. Hanno poi giocato un ruolo importante anche le attività organizzate dall’Anpi stessa, come a esempio l’organizzazione di un campo giovani tenutosi a Cà d’la Pais di Angrogna. Grazie a queste iniziative che l’Anpi rivolge verso l’esterno tante persone si avvicinano all’Associazione. In alcuni casi, la nostra scelta, quella di avvicinarci all’Anpi, ha suscitato qualche perplessità, curiosità – ad alcuni amici abbiamo dovuto addirittura spiegare cosa fosse l’Anpi – altri coetanei, invece, che già conoscevano l’associazione si sono fatti coinvolgere dalle nostre recenti attività».

 

– Quale ruolo possono giocare i giovani nell’ Anpi di oggi?

«Più una sezione riesce a investire e a puntare sugli iscritti, soprattutto giovani, più riesce a trarne vantaggi. La trasparenza nella comunicazione è un elemento fondamentale: l’Anpi in questi ultimi anni ha aperto le sue porte a tutti, e lo ha fatto con tutti coloro che si definiscono antifascisti e che si ritrovano in questa definizione – dunque andando oltre alla normale iscrizione di ex partigiani –; apertura iniziata nel 2006. Fino ad allora, il punto di forza che distingueva l’Associazione era la testimonianza diretta, il racconto che passava attraverso le storie partigiane. Attualmente queste testimonianze dirette stanno scomparendo. Dunque saremo noi giovani i futuri testimoni di quei racconti che abbiamo raccolto e interiorizzato. Per questo è importante che i giovani si spendano in prima persona, che facciano parte dei direttivi, che entrino a far parte delle sezioni cittadine e montane; oggi è necessario un ricambio generazionale. Per garantire nel prossimo futuro la trasmissione del portato di valori che ci è stato tramandato».

 

– Dunque, non è solo un dare?

«A dire il vero, più di ciò che stiamo dando, stiamo ricevendo!».

 

– Il ruolo fondamentale dei giovani è riconosciuto anche a livello provinciale?

«Sì, molto, per questo motivo è nata solo due anni fa una rete che ospita i giovani del territorio: la prima assemblea è stata provinciale. Adesso siamo una quindicina tra ragazze e ragazzi ad essere impegnati attivamente. L’idea più bella è stata quella di promuovere un coordinamento itinerante, perché le sezioni sono molte e distribuite in tutta la provincia. Tra le iniziative messe in campo ricordo che stiamo lavorando a una piccola mostra dedicata alla nostra Costituzione e che sarà visitabile intorno al 2 giugno, nel periodo del ponte festivo, e proprio perché la nostra stessa Costituzione è un ponte, tra ciò che è stato, ciò che oggi viviamo e ciò che sarà. Molti giovani volenterosi ci stanno aiutando e di questo siamo molto contenti. Nelle sezioni dell’Anpi spesso i giovani sono pochi. Certamente sono luoghi dove i giovani possono riuscire a esprimersi e a ritagliarsi uno spazio», proseguono gli intervistati. 

 

– Nuovi venti di guerra soffiano forte in Europa. Senza infingimenti, possiamo dire che anche la Resistenza fu un evento di per sé violento. Qual è il vostro rapporto con la violenza?

«La Costituzione ci viene in aiuto, perché ci ricorda un dato dirimente: l’Italia ripudia la guerra. Anche noi, in quanto associati all’Anpi, italiani e antifascisti, ripudiamo la guerra. L’antifascismo è certamente un punto di incontro, di condivisione al nostro interno; nell’antifascismo vive quella lotta culturale, morale, etica, che sentiamo nostra. Al di là della violenza del passato, oggi devono prevalere parole di pace. La nostra lotta denuncia ogni forma di strumentalizzazione, come la questione del riarmo, ad esempio. Gli stessi gruppi partigiani, anche se di estrazioni politiche diverse, avevano in comune l’antifascismo; poi, da quell’antifascismo e dalla volontà di far sorgere un mondo di pace è nata la nostra Carta Costituzionale, oggi scrigno nel quale troviamo articoli preziosi come l’Articolo 11, in cui è scritto forte e chiaro un concetto: l’Italia ripudia la guerra! La nostra Costituzione è espressione diretta di quell’antifascismo ed è volontà di pace, di non- violenza. Crediamo che il messaggio più importante che l’Anpi possa oggi trasmettere alle giovani generazioni sia proprio quello di lottare contro l’indifferenza, perché ciò che è successo 80 anni fa è stato il frutto di scelte, precise, coraggiose, fatte da persone comuni, stanche di un mondo di violenze e privazioni, persone che hanno saputo dire basta: “noi non vogliamo più essere indifferenti rispetto a ciò che sta capitando, non vogliamo più subire quello che sta succedendo”. I partigiani, per rispondere con precisione alla domanda relativa alla violenza, combatterono, fecero uso della violenza, parteciparono a quella che fu a tutti gli effetti una guerra civile tra italiani, una guerra che si dovette combattere talvolta anche all’interno delle stesse famiglie. Ci fu anche chi, per esempio, decise di cambiare le cose pacificamente (come avvenne in occasione degli scioperi del ’43), esempi di lotta non- violenta ci sono oggi e c’erano anche allora».