
Una “diaconia politica” fra lavoro povero e crisi del welfare
Il ruolo delle chiese nella promozione di un’economia e di una società più etica
«Ogni lavoro è degno agli occhi del Signore», si legge nel Commento al Magnificat di Martin Luther. Esattamente il giorno dopo la fine del Convegno della diaconia del IV Distretto delle chiese metodiste e valdesi (Riesi, 29-30 marzo 2025), il sito riforma.it pubblicava un resoconto sui tre giorni a Ginevra delle principali organizzazioni ecumeniche internazionali, riunite per confrontarsi sulla crescente povertà e sulle disuguaglianze dell’attuale sistema definito “necropolitico”. L’ultimo rapporto di Oxfam analizza la situazione a livello globale e ci dice che oggi le corporation, nel controllare i mercati, stabiliscono le regole di vendita e accrescono le proprie rendite a discapito dei lavoratori e delle piccole realtà locali.
Già alcuni quotidiani italiani qualche giorno prima dell’incontro siciliano, titolavano Povera Italia, salari giù dell’8,7%. Sui redditi è la peggiore del G20 (Repubblica del 25 marzo u.s.). Profetico, dunque, e attuale il tavolo di confronto apertosi in provincia di Caltanissetta dal titolo «Diaconia politica, fra lavoro povero e crisi del welfare». Un confronto avviato e introdotto da analisi di docenti, sociologi, economisti con partecipanti attivi nelle chiese e nelle opere valdesi e metodiste del sud Italia e nel progetto MH della Fcei a Scicli e a Rosarno. E come a Ginevra, anche a Riesi i presenti hanno avvertito l’esigenza di partire dalla fede comune, di generare un Patto per riappropriarsi della narrazione sul lavoro e operare assieme per un cambiamento immediato.
A questa coscienza evangelica, noi oggi ci appelliamo e chiediamo alle nostre realtà sorelle del centro-nord di generare un corto circuito nella logica attuale di un sistema economico amorale. Lo facciamo consci che l’abbandono dei territori, le emigrazioni costanti di giovani o di una percentuale sempre maggiore di “scoraggiati” (NEET – “Not in Education, Employment or Training”, lett. “Non [attivo] in istruzione, in lavoro o in formazione”), unitamente alla perdita del potere di acquisto dei salari, sta aumentando il divario fra chi ha molto e chi sempre meno. Oggi, nel nord Italia ci sono numericamente più poveri che nel sud del paese e a pagarne le spese sono i piccoli nuclei familiari e i monoreddito.
E noi come chiese cosa vogliamo fare? Ognuno nel leggere si fermi e rifletta: ponga la propria vocazione al servizio di Dio e risponda alla chiamata ricevuta. Se impariamo ad aprirci ai luoghi, a fare ecumenismo e dialogo interreligioso autenticamente, questa nuova realtà umana potrà allargare la propria tenda e favorire una nuova coscienza sociale. Il fenomeno migratorio è un fenomeno sempre esistito ma può essere vissuto in maniera sana e positiva se ci impegniamo a sostenere il ritorno di quanti hanno maturato competenze in altri luoghi (vivendo la migrazione come crescita) e valorizziamo quanti hanno scelto l’Italia come la terra per ripartire con una vita più dignitosa (vivendo la migrazione come rinascita). Dobbiamo cercare di costruire un altro modello di welfare su impronta del Regno di Dio.
Impegniamoci come chiese a tutelare il lavoro delle filiere corte (si parli in quest’ottica di eco-comunità): quel piccolo costo “etico” che sosteniamo tutti assieme sottrae i lavoratori allo sfruttamento delle grandi distribuzioni e della criminalità, che oggi non uccide più: perché ha troppi soldi e le basta corrompere! Promuoviamo come chiese un’economia che sappia andare oltre una coraggiosa restanza (si veda il volume di Vito Teti, La restanza, Einaudi, 2022): abbiamo già splendidi esempi in atto grazie ai progetti finanziati con l’8×1000 valdese e se ognuno di noi fosse a conoscenza di quanto avviene nel proprio territorio, potrebbe trarne ispirazione per un agire cristiano e consapevole.
Quattro brillanti report hanno guidato il dibattito generale e i gruppi di lavoro. Gli interventi di Luciano Cirica, Alessandro Sansone, Debora Spini e Tonino Perna sono resi disponibili proprio in coincidenza del 1° maggio per avviare un confronto in tutte le nostre chiese. A questo link potete trovare i materiali di riferimento.
“Lavoro povero”: una contraddizione inconciliabile che, come ci ha ricordato la prof.ssa Debora Spini, stride con il concetto di koinonia, usato dal riformatore Calvino per definire il lavoro umano, inteso come comunione interna fra il popolo di Dio e fra questi e il nostro Creatore.