
Speciale 80 anni dalla Liberazione. Il ruolo dei giornali
La libertà di oggi ha radici profonde: 80 anni di 25 aprile
È in distribuzione in tutto il territorio del pinerolese nell’area sud della provincia di Torino (lo trovate in centinaia di luoghi pubblici, dalle biblioteche ai negozi) il numero di aprile del mensile free press L’Eco delle valli valdesi che potete leggere integralmente anche dal nostro sito, dalla home page di di www.riforma.it.Il numero è pressoché interamente dedicato agli 80 anni dalla Liberazione dal regime nazifascista. Da oggi fino al 25 aprile ogni venerdì vi proporremo alcuni degli articoli contenuti nello speciale.
Buona lettura
IL RUOLO DEI GIORNALI
Nell’ultimo periodo della Seconda Guerra mondiale, l’uscita dei giornali locali nel territorio pinerolese fu bloccata. Così fu anche per L’Eco delle valli valdesi. Il mensile La Luce, che aveva sede a Roma, via P. Cossa 42, ripercorre le ultime tappe nel suo numero del maggio 1945, segnalando che «Questo numero […] è stato ritardato per darci modo di fornire ai nostri lettori alcune notizie delle regioni da cui siamo stati separati per undici lunghi mesi». Certo, l’Italia era tagliata in due. Guardiamo dunque fra le notizie del periodico, il cui direttore era il pastore Ernesto Comba, che coinvolgeva i valdesi e altri evangelici nell’Italia che via via veniva liberata.
«L’Eco delle Valli valdesi – scrive il giornale “fratello” –, che aveva cessato la pubblicazione nel dicembre 1944, è ricomparso il giorno 11 maggio sotto la direzione del past. Giovanni Bonnet. Al valoroso confratello, che può finalmente parlare “a cuore aperto”, il nostro commosso saluto». Ma che cosa succedeva prima di allora? Scrive La Luce: «I numeri dell’Eco di tutto il 1944, da noi percorsi con avido sguardo, non ci hanno naturalmente potuto offrire quelle informazioni che con tanta ansia cercavamo, perché stampati in tempi di crudele oppressione: quante cose abbiamo letto fra le righe, con stringimento di cuore! Quelle lunghe liste di nomi di deceduti, quasi sempre tra i 17 e i 50 anni…».
«Le vittime della feroce oppressione – si legge più avanti – sono state in numero elevato […].Menzioneremo alcuni, fra molti». E a questo punto il primo nome è quello di Guglielmo Jervis, a cui seguono quelli del giovane Enrcio Gay; di Renato Peyrot di Torre Pellice «messo a morte il 6 marzo». «Il giovane Armando Curcio, nativo di Orsara di Puglia e fratello della diaconessa suor Anna, [..];egli era della 105 Brigata Garibladi e cadde con altri giovani valdesi durante i moti dell’insurrezione di Torino (30 aprile)». Il 26 aprile cadde la staffetta partigiana Jenny Cardon, anch’ella ricordata, con altri ancora. Seguono le prime stime sui danni patiti dalle varie parrocchie delle Valli.
Invece il pastore Bonnet, sul numero dell’Eco alla ripresa delle pubblicazioni, l’11 maggio 1945, scrive a tutta pagina sotto il titolo «A cuore aperto». «Era tanto che non potevamo scrivere a cuore aperto. Ed ora che è venuta la liberazione, i nostri pensieri, così a lungo compressi, e le nostre parole vorrebbero sgorgare tumultuosamente […]. Ma qualcosa ci trattiene; come se uscendo dall’oscurità ci abbagliasse una luce troppo forte […] restano, serrati nel nostro ricordo […] troppi avvenimenti dolorosi e tragedie viventi di cui non abbiamo tutt’ora esaurito la portata e la sensazione». «Ma c’è un sentimento che in noi domina tutto, una voce che sempre ritorna […]: “Anima mia, benedici l’Eterno, e non dimenticare alcuno dei suoi benefici”. Tra i benefici più grandi e preziosi, dopo la presenza di Dio nei cuori e il suo aiuto misericordioso, dobbiamo ricordare con particolare gratitudine l’assistenza che ci ha offerta la Chiesa».
Un riquadro ospita il messaggio della Tavola valdese che segnala: «Nelle nostre Valli molte sono le vittime, le case bruciate; tutti hanno sofferto. Possa la viva simpatia cristiana di tutta la Chiesa lenire un poco tanti lutti e tanti dolori». Segue un impegno per tutti: «Ora noi guardiamo innanzi nel sentimento della nostra immensa responsabilità […] riprenderemo il cammino con la ferma decisione di additare agli italiani la sola verità che salva […] l’Evangelo di Cristo». E la stessa pagina ospita il testo della lettera che Renato Peyrot (Torre Pellice) scrisse alla sorella, avendo appreso della sentenza di morte che lo attendeva. È lui che incoraggia i familiari, così come dice di aver potuto incoraggiare un compagno toccato dalla stessa sorte.