
Torino. Due progetti di “empowerment femminile” nelle chiese
In ambito battista e valdese ferve la riflessione: due appuntamenti in vista
«Empowerment in comunità. Essere donna nella Chiesa e nella società» è lo stage promosso dal Movimento femminile evangelico battista il prossimo sabato 29 marzo presso la chiesa di via Passalacqua a Torino. Una giornata intensa, dalle 9,30 alle 17,30, con il pranzo condiviso, animata dalla pastora Gabriela Lio e dalla dott.ssa Antonella Di Berto Mancini, psicologa, per riflettere sul ruolo e sulle possibilità delle donne oggi, dentro e fuori le Chiese. Ci si può iscrivere o avere informazioni alla mail della pastora Helene Fontana, helstefo@libero.it.
L’appuntamento di Torino si inserisce in un ciclo avviato a Livorno (29 novembre -1 dicembre 2024) che di chiuderà a Roma in autunno, ed è rivolto alle donne di tutte le età.
L’obiettivo, spiega la pastora Ioana Ghilvaciu, presidente Mfeb, che sarà presente all’incontro insieme alla vicepresidente Mimma Capodicasa, è «costruire un processo di riconquista della consapevolezza di sé, autostima, vocazione e potenzialità al fine di essere sempre più presenti nelle chiese e nelle istituzioni, anche per assumere ruoli non sempre ritenuti adatti alle donne».
Un analogo percorso è in atto nella chiesa valdese: ne è incaricata la teologa Elisabetta Ribet, che dopo 9 anni a Strasburgo è tornata in Italia, recentemente intervistata dal sito chiesavaldese.org (Creiamo legami, non muri) e dal programma «Protestantesimo» (Rai Tre).
Ai microfoni di Radio Beckwith evangelica le abbiamo chiesto di parlarci del suo lavoro: «Sono arrivata a Torino la scorsa estate e in questi mesi il mio è stato in buona parte un lavoro di osservazione: uno dei focus è stato sulle attività delle donne nella chiesa. Si fanno già molte cose, nella lunga tradizione dei movimenti femminili, uno dei temi su cui si è riflettuto lo scorso anno nell’850° anniversario della nascita del valdismo, ricordando quanto questi gruppi sono stati fucina di rivoluzioni e riforma delle nostre chiese. Siamo eredi di molte madri, alcune più “arrabbiate” e convinte, altre più sommesse e sussurranti, ma sicuramente oggi come donne siamo eredi di questi molti cammini. Siamo un tassello di un mosaico…».
Il primo incontro di «Donne fede, comunità» si è tenuto il 30 novembre con un confronto su come si vivono i propri percorsi di fede, che cosa manca, cosa si vorrebbe valorizzare: si è realizzato, ricorda Ribet, «un tempo di incontro, scambio, narrazione, una sorta di “circolo di parola”, per usare l’immagine classica dei movimenti femministi». Questa iniziativa si è poi intrecciata con la preparazione della Giornata mondiale di preghiera, come «due fiumi che confluiscono pian piano e che stanno portando frutti interessanti…».
L’idea è di continuare il percorso dopo la Gmp, «intrecciando quella componente di riflessione spirituale e di fede con quella sociale, essere presenti al mondo moderno (per dirla con Jacques Ellul), sul territorio: per alcune è prioritaria la parte di meditazione, il momento di nutrimento, per poi andare sul territorio, per altre il percorso è inverso, sono impegnate e attive e hanno bisogno di un luogo in cui fermarsi e riprendere energie. Questo doppio movimento ci porterà al prossimo incontro che si terrà il 5 aprile e sarà sui “luoghi di senso”, preceduto dal bazar del Gruppo Missioni. L’idea è di non sovrapporsi, ma creare piccole oasi per poi ripartire insieme».
Un altro aspetto positivo è che si tratta di un gruppo intergenerazionale… «È un gruppo che mi piace molto, una trentina di persone, alcune coppie madre-figlia (che trovo una cosa meravigliosa), sociologicamente ed ecclesiasticamente diversificato. Hanno risposto al nostro invito sorelle che per motivi vari non riescono a essere presenti in modo regolare alla vita della chiesa, altre che invece sono molto impegnate: emerge la volontà e il piacere di ritrovarsi e portare una riflessione condivisa».
Uno degli elementi di forza, sottolinea ancora Ribet, è che si tratta di un incontro “episodico”, con carattere di “evento”, forse più in linea con lo stile di vita moderno, e che risponde a bisogno esistenti: «Può essere uno di quegli spazi in cui ci si incontra, ci si riconosce e ci si dà forza per poi esserci lì dove c’è bisogno di continuità: questo ci fa riflettere anche ecclesiologicamente su quali sono i bisogni delle nostre chiese e delle persone oggi»..