Il Nuovo Testamento Ecumenico, una pagina storica per la comprensione della Parola

Per la prima volta, studiosi, traduttori e revisori di diverse chiese hanno collaborato concordemente alla traduzione di un testo biblico superando divisioni formali sedimentate nei secoli

 

Un evento storico ha segnato il panorama religioso e culturale italiano con la presentazione, lo scorso 25 febbraio a Roma, del Nuovo Testamento Ecumenico, frutto di un intenso impegno pluriennale condiviso tra diverse confessioni cristiane, promosso dalla Società Biblica in Italia (Sbi) con il coordinamento del segretario generale Mario Cignoni.

 

Per la prima volta, studiosi, traduttori e revisori di diverse chiese hanno collaborato concordemente alla traduzione di un testo biblico superando divisioni formali sedimentate nei secoli, per giungere a un testo condotto con criteri di aderenza al testo originale e destinato a essere la “piattaforma” comune per una spinta alla diffusione della Scrittura al pubblico più ampio possibile.

Tale nuova edizione, la prima da sempre, è stata presentata nell’affollato tempio valdese di piazza Cavour alla presenza, tra gli altri, degli alti rappresentanti di tutte le confessioni cristiane che hanno convintamente sostenuto e partecipato alla sua elaborazione: le 14 chiese evangeliche, la chiesa cattolica e quella vetero cattolica, le due chiese ortodosse in Italia (patriarcato ecumenico e diocesi romena).

 

Come ha ricordato il prof. don Luca Mazzinghi, presidente della Sbi, il valore di questo testo è l’essere una traduzione contemporaneamente letteraria ed ecumenica. E se anche la traduzione perfetta forse non esisterà mai, «la Parola viva chiede di essere annunziata, e perché possa esserlo deve essere compresa. La Bibbia non può essere appannaggio di una parte o di eletti, poiché Dio affida la chiesa alla Parola, non la Parola alla chiesa».

 

Con le parole di Mario Cignoni, che al termine dell’evento è stato ufficialmente nominato Presidente onorario della Sbi, è stato possibile comprendere la “passione evangelica” che ha animato il lungo e appassionante processo di stesura: «Come nel Nuovo Testamento vi è stata una pluralità di autori, così è accaduto in questo lavoro, di competenze ma soprattutto di discesa “in profondità” e di rigore, per arrivare non a una traduzione letterale, ma letteraria, seguendo il criterio delle equivalenze formali. Chi traduce, senza trasporre, sa bene che una parola o un verbo possono cambiare tutto un modo di significare, una prospettiva, un modo di essere. Chi legge si rende conto della distanza temporale e culturale di 2000 anni, in un testo in buon italiano, scorrevole. Ma soprattutto è una novità perché è un testo condiviso, di tutti, e succede per la prima volta». Se vogliamo, ha aggiunto, «è un momento storico della storia della Bibbia in Italia, segno di fraternità e di pace: un solo Vangelo italiano, mantenendo la libertà e le diversità delle interpretazioni, che restano plurali. È una proposta che le chiese fanno insieme alla società italiana, definendo ancor meglio il fondamento comune, offrendo uno strumento principe per far conoscere il Vangelo nelle scuole, nel mondo degli studi, tra la gente comune. Soprattutto, è un invito a riscoprire la bellezza e la potenza della Parola di Dio, della Scrittura, che è come una brace che si alimenta quando il vento vi passa sopra, accendendo un fuoco che solleva in alto».

 

Significativi, sotto il segno del valore dell’ecumenismo e dell’importanza della diffusione del testo biblico come strumento di educazione culturale oltre che religiosa, sono stati gli interventi di saluto portati dal card. Matteo Zuppi (in un messaggio video), dal card. Gualtiero Bassetti, già presidente della Conferenza episcopale italiana («Iniziativa editoriale che va accolta e promossa sia per l’evangelizzazione che per la crescita culturale comune, ma anche occasione profetica per essere sempre più uniti»), del vescovo Dionysios Papavasileiou, rappresentante della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia («Questa traduzione ha diversi significati, ma soprattutto è ecumenica, è il primo strumento che permette di collaborare su un testo tutti insieme, indipendentemente dall’appartenenza confessionale») e di Lenart de Regt, rappresentante dell’Alleanza biblica universale («Da apprezzare la grande accuratezza esegetica della traduzione, per la quale abbiamo discusso proficuamente insieme alcune parti difficili»). Dal canto suo, la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta ha messo in luce come, a chi si domandasse se fosse davvero necessaria un’altra traduzione del Nuovo Testamento, la risposta sia “certamente sì”, nel segno della passione evangelica per la Parola, «il cui studio costante è necessario per renderla più comunicativa, coscienti dello scarto che esiste tra essa e le parole umane, necessariamente relative e limitate, con le quali però la Parola ha scelto di comunicarsi». Questa prima edizione del NT, ha concluso Trotta, «rappresenta anche la fiducia che lo Spirito Santo alberga e si fa strada dove si è insieme, permettendo di superare attraverso un confronto serio le differenze, senza la presunzione di possedere la verità».

 

Raggiunta questa svolta per il Nuovo Testamento, l’auspicio è che si avvii la sfida del primo Antico Testamento ecumenico, convinti che la stessa “passione evangelica” sappia sostenerla.

 

 

Foto di Agnese Di Vico