I luoghi romani dell’evangelismo di fine ’800

Un libro della Claudiana ricostruisce a più voci la temperie risorgimentale

 

Domenica 16 febbraio – a commemorazione di quel XVII che nel 1848 vide la concessione, mediante le Lettere patenti emanate da re Carlo Alberto, dei diritti civili e politici ai sudditi valdesi – il tempio della chiesa di via Quattro Novembre in Roma ha piacevolmente ospitato una presentazione del volume Tra le mura romane. La nascita delle chiese protestanti nell’Italia risorgimentale (Claudiana 2025, pp. 142, €19).

 

A cura di Maria Chiara Giorda e Silvia Omenetto, con prefazione di Paolo Naso, esso raccoglie sette contributi che si addentrano nella storia di quei luoghi di culto – e inevitabilmente delle comunità che a quegli edifici finirono per essere legate – che hanno reso e rendono la “città del papa”… un po’ meno tale: luterano (Giamaica Roberta Mannara), anglicano (Isabella De Paolis ed Elisa Adamo), valdese (Mario Cignoni), scozzese (Chiara C. Ryan), metodista (Maria Chiara Giorda), battista (Alberto Annarilli), nonché il Cimitero acattolico (Silvia Omenetto).

 

Il vivace pomeriggio, coordinato dal Concistoro, si è giovato degli interventi, tutti capitolini, di Alessandro Spanu (pastore e presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia), che ha evidenziato il ruolo ecclesiale del canto, nella tensione, costante per il mondo battista, tra appello alla conversione e attivismo sociale; di Mirella Manocchio (pastora della chiesa metodista di via Venti Settembre), con il ricordo del simbolo che la Breccia di Porta Pia ha rappresentato per il metodismo romano; di Laura Ronchi De Michelis (presidente del Concistoro della chiesa valdese di piazza Cavour), soffermatasi sull’“offerta formativa” su cui l’evangelismo ha sempre scommesso e di cui l’opera di Emily Gould è testimonianza; di Mario

Cignoni (presidente del Concistoro della Chiesa ospite), partito dalle 100.000 lire versate nel 1879 dal rev. Robert Walter Stewart per l’acquisto del piccolo terreno presso la vecchia via dei Colonnesi con Arco; di Misa Rajarison (vicepresidente dello stesso), che, nel ripercorrere il cammino della confluita Comunità protestante di lingua francese di Roma, ha con toccante soddisfazione letto il recente passo integrativo come sbocco di tale cammino, nella prospettiva di una doverosa trasmissione della fede; infine, di Tara Curlewis (ministro di Saint Andrew’s Church of Scotland e referente dell’Ufficio ecumenico della Comunione mondiale delle Chiese riformate), che ha sottolineato l’antica e solida prossimità della Chiesa di Scozia ai valdesi.

 

Non poteva mancare la musica: un intermezzo “sull’ali dorate” del verdiano Va, pensiero (1842), interpretato da Giulia Cignoni, e a conclusione, collettivamente, il Giuro di Sibaud sulle note del pastore Ami Bost (m. 1874). Dagli ebrei prigionieri in Babilonia – al Salmo 137, Super flumina Babylonis, si ispirarono infatti i versi di Temistocle Solera per il noto coro del Nabucco – ai novecento valdesi che sulle balze dell’alta Val Pellice, nel 1689 finalmente rientrati dall’esilio svizzero, votarono la propria fedeltà a Dio e sottoscrissero l’omonimo Patto.

 

Aneliti di affrancamento e riscatto, dunque, di cui gli edifici religiosi sono tangibili segni: giacché, se è vero che al momento del ritorno del Signore e della definitiva instaurazione del Regno templi più non serviranno, proprio essi assumono, anche e ancora, la nobile funzione di rammentarci – come evocato citando Hegel – che «la storia del mondo altro non è che il

progresso della coscienza della libertà». O, almeno, si prega e agisce affinché così sia.