
Il Ciabot: un nuovo nucleo al Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni
Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi, onora la persona del vecchio e temi il tuo Dio. Io sono il Signore (Levitico 19, 32)
In piemontese, in patois, la parola “ciabot” indica un piccolo edificio. Un termine colloquiale per descrivere in modo quasi amichevole una costruzione, legata al mondo agricolo, dove spesso si ricoveravano i vari attrezzi. Ciabot sparsi nei boschi, nei campi, ma anche piccole casette magari ristrutturate sommariamente dove trascorrere il proprio tempo libero, le seconde case. Al Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni, la grande casa di riposo della Diaconia valdese immersa nei boschi della collina di San Giovanni, questa parola assume oggi un significato ancora più preciso.
È stato inaugurato ieri pomeriggio, giovedì 13 febbraio, il nuovo, piccolo, nucleo della struttura, il “Ciabot” appunto. Sei posti letto, due camere doppie e due singole, estremamente spaziose, in un edificio completamente ristrutturato, posto all’ingresso principale, sopra gli spazi del Centro diurno. «Abbiamo ricevuto la visita della Commissione di vigilanza per le autorizzazioni conclusive soltanto pochi giorni fa e il via libera è arrivato immediatamente – ha spiegato Daniele Massa, presidente della Commissione sinodale per la Diaconia – e abbiamo quindi deciso di fare questa piccola prima inaugurazione con chi ha partecipato ai lavori, alla progettazione e all’ideazione. Il Ciabot è stato finanziato attraverso due canali, uno dell’Otto per Mille valdese e l’altro invece si è attivato grazie a una donazione di un privato. Come i presenti hanno potuto vedere questo non è un luogo di degenza, ma è un luogo dove poter vivere bene la propria vita. Gli spazi sono molto ampi, i colori e gli arredi richiamano quelli di una casa. Questo è il nostro modo di testimoniare la nostra fede, quello di garantire i diritti di una vita dignitosa per le persone anziane, degne di rispetto, così come recita il passo del Levitico».
Sulla stessa lunghezza d’onda il pensiero della moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta. «Abbiamo investito molto in questo progetto come in altri, perché riteniamo che questo sia una parte di servizio pubblico, fondamentale per il benessere delle persone».
Con Federica Dotta, responsabile della struttura, invece focalizziamo l’attenzione sul ruolo che avrà il Ciabot. «È un nucleo a tutti gli effetti della nostra Rsa. È stato pensato per essere un “passaggio” il meno traumatico possibile dal Centro diurno (o da casa) alla struttura, quindi per le persone con demenza. Il Rifugio è un luogo dove si continua a vivere, anche nelle fasi più difficili della nostra vita. Abbiamo cercato di ricreare un’ambiente il più famigliare possibile: sia per gli ospiti, ma anche per i parenti che portano qui gli affetti più cari e un po’ anche per noi che ci lavoriamo. Le camere sono tutte videosorvegliate con telecamere che trasmettono all’infermeria (ma non registrano) per il periodo della notte. Durante la giornata un’operatrice gestirà il nucleo che si relazionerà con gli altri della struttura: la presenza dell’operatrice ha come obiettivo quello di essere un aiuto nei gesti quotidiani della vita e non una sostituzione, totale come avviene con l’avanzamento della malattia».